Secondo una nuova ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano lo Smart Working in Italia ormai rappresenta ormai una realtà ben consolidata. Nel 2017 è infatti aumentato del 14% rispetto al 2016 (e del 60% rispetto al 2013) il numero dei lavoratori che godono di autonomia nella scelta delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati.

Gli Smart Worker italiani sono ormai 305.000 (l’8% del totale dei lavoratori) e si distinguono per una maggior soddisfazione per il proprio lavoro e una maggior padronanza di competenze digitali rispetto agli altri lavoratori.

Questi “worker agili” sono caratterizzati da un’elevata mobilità nei luoghi di lavoro, trascorrendo mediamente solo il 67% del tempo lavorativo in azienda contro l’86% dei lavoratori tradizionali. Inoltre sono sempre meno legati a una singola postazione; diminuisce infatti rispetto all’anno passato il tempo dedicato al lavoro fisso alla propria postazione (39%) a favore di quello svolto da altre postazioni all’interno delle sedi di lavoro (15%) o in altre sedi della propria azienda (13%).

Cresce anche l’adozione dello Smart Working tra le grandi imprese. Il 36% di queste ha già lanciato progetti strutturati (era il 30% nel 2016) e ben una su due ha avviato o sta per avviare un progetto, ma le iniziative che hanno portato veramente a un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro sono ancora limitate e riguardano circa il 9% delle grandi aziende.

smart working

Anche tra le PMI cresce l’interesse verso questa modalità di lavoro agile, sebbene a prevalere siano approcci informali. Il 22% ha progetti di Smart Working, ma di queste solo il 7% lo ha fatto con iniziative strutturate; un altro 7% di PMI non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara “non interessato” in particolare per la limitata applicabilità nella propria realtà aziendale.

In generale comunque sono ancora pochi i progetti di sistema che ripensano i modelli di organizzazione del lavoro e che estendono a tutti i lavoratori flessibilità, autonomia e responsabilizzazione. Eppure, i benefici economico-sociali potenziali sono enormi. L’adozione di un modello maturo di Smart Working per le imprese può infatti produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi.

Per i lavoratori anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti; per l’ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno.

Gli Smart Worker ritengono infine di avere una più adeguata padronanza di competenze soft relazionali e comportamentali legate al digitale (Digital Soft Skills), che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali per migliorare produttività e qualità delle attività lavorative. In particolare, gli Smart Worker hanno una superiore capacità di collaborare efficacemente in team virtuali esercitando una leadership, con solo l’1% di essi che ritiene di non avere sviluppato in maniera soddisfacente questo tipo di skill a fronte del 27% degli altri lavoratori.