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Francesco segue il mondo della tecnologia dal 1999, scrivendo per numerose testate online e cartacee. È specializzato soprattutto in tecnologia B2B, hardware e nuovi m... Leggi tutto
Secondo i nuovi dati di Synergy Research Group la spesa delle imprese per i servizi di infrastruttura cloud (IaaS) nel quarto trimestre ha sfiorato i 74 miliardi di dollari a livello mondiale, con un aumento di oltre 12 miliardi di dollari rispetto al quarto trimestre del 2022. Il tasso di crescita su base annua è stato del 20% nel quarto trimestre, nettamente superiore ai tre trimestri precedenti. In particolare, il mercato è cresciuto di 5,6 miliardi di dollari rispetto al terzo trimestre.
Si tratta di gran lunga dell’aumento più consistente mai registrato da un trimestre all’altro. Per l’intero anno, il mercato è cresciuto del 19% rispetto al 2022 e sebbene i venti contrari di natura economica, valutaria e politica si siano leggermente attenuati, è chiaro che la tecnologia e i servizi di IA generativa hanno avuto un impatto notevole, contribuendo ad aumentare ulteriormente la spesa per il cloud. In termini di posizionamento competitivo, tra i maggiori fornitori di cloud Google e Microsoft hanno registrato i numeri di crescita più elevati su base annua, con Microsoft che ha aumentato la sua quota di mercato mondiale di quasi due punti percentuali rispetto al quarto trimestre dello scorso anno.
Il leader di mercato AWS ha invece visto la sua quota di mercato mondiale scendere al 31%, pur mantenendo forti tassi di crescita a due cifre. Complessivamente, i tre leader rappresentano il 67% del mercato mondiale, mentre tra i fornitori di cloud di secondo livello quelli che hanno registrato i tassi di crescita più elevati su base annua sono stati Huawei, China Telecom, Snowflake, MongoDB, Oracle e VMware.
Con la maggior parte dei principali fornitori di cloud che hanno pubblicato i dati relativi agli utili per il quarto trimestre, Synergy stima che i ricavi trimestrali dei servizi di infrastruttura cloud (inclusi IaaS, PaaS e servizi di cloud privato ospitato) siano stati pari a 73,7 miliardi di dollari, con ricavi per l’intero anno 2023 che raggiungeranno i 270 miliardi di dollari. I servizi IaaS e PaaS pubblici rappresentano la maggior parte del mercato e sono cresciuti del 21% nel quarto trimestre.
Il dominio dei principali fornitori di cloud è ancora più marcato nel cloud pubblico, dove i primi tre rappresentano il 73% del mercato. Dal punto di vista geografico, il mercato del cloud continua a crescere fortemente in tutte le regioni del mondo. Se misurata in valuta locale, la regione APAC ha registrato la crescita più forte, con India, Cina, Australia e Giappone che sono cresciuti del 20% o più rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti rimangono di gran lunga il più grande mercato del cloud, con una scala che supera l’intera regione APAC. Il mercato statunitense è cresciuto del 16% nel quarto trimestre.
Il cloud è ora un mercato enorme e ci vuole quindi molto per spostare l’ago della bilancia, ma l’avvento dell’IA generativa ha fatto proprio questo. In prospettiva, la legge dei grandi numeri implica che il mercato del cloud non tornerà mai ai tassi di crescita registrati prima del 2022, ma Synergy prevede che i tassi di crescita si stabilizzeranno, dando luogo a enormi aumenti annuali della spesa per il cloud, con una previsione che il mercato annuale raggiungerà presto la soglia dei 500 miliardi di dollari.
Digitalizzazione nel PNRR, l’Italia è il paese più avanti
Già realizzato il 53% di milestone e target. Nel 2023 progressi importanti nella PA, ma la digitalizzazione del Paese è ancora a luci e ombre, spiega l’Osservatorio Agenda Digitale
Si occupa di sistemi informativi business, trasformazione digitale, impatti delle tecnologie sulla gestione delle aziende, e delle strategie dell'Industria ICT (fornitori, distributori, system integra... Leggi tutto
L’Italia ha già realizzato il 53% delle milestone e dei target di trasformazione digitale fissati nel PNRR, e a oggi è il Paese più avanti in questo percorso. Lo certifica l’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano nel suo report 2023, presentato ieri.
“Dopo RePowerEU, il programma di revisione dei PNRR dei vari Paesi a fronte dei rincari per la guerra Russia-Ucraina, il PNRR italiano è salito a 194,4 miliardi di euro, e di questi circa 47 sono dedicati al digitale”, ha detto Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Digitale, al convegno di presentazione del rapporto.
“Queste risorse sono legate a 290 milestone e target, di cui 151 sono stati già realizzati. Siamo quindi a metà strada, è una buona notizia, ma se finora avevamo più milestone da rispettare, d’ora in poi ci saranno più target da raggiungere, cioè questi investimenti dovranno produrre risultati concreti sull’economia e sulla società”.
A che punto è la digitalizzazione del Paese
“La buona notizia è che il DESI non c’è più”, ha spiegato Francesco Olivanti dell’Osservatorio. “Questo indice ha avuto il grande pregio di attirare l’attenzione del grande pubblico, ma aveva diversi limiti, in primis lo scarso orientamento al policy making. La Commissione Europea ha deciso di non fare più classifiche dei Paesi membri, ma di fissare dei target (Digital Decade 2030) e attivare progetti multi-Paese e potenziare lo scambio di best practice“.
L’Osservatorio ha quindi analizzato tramite i propri Digital Maturity Indexes gli indicatori raccolti nel 2023 dalla Commissione Europea, evidenziando per l’Italia uno scenario ancora di luci e ombre.
Infrastrutture digitali. Con un balzo di 22 punti in un anno, nel 2022 le famiglie italiane con banda larga a 100 Mbps hanno superato per la prima volta la media europea (60% contro 55%), meglio di Francia (51%) e Germania (39%). Sulla connettività a 1 Gbps siamo allineati alla media europea (13%). Negli indicatori Digital Decade 2030 siamo avanti sul 5G, leggermente sotto media sulle linee FTTP, tra gli ultimi in Europa per copertura VHCN. L’effettivo uso di internet da parte degli italiani è tra i più bassi d’Europa (83% degli individui 16-74 anni).
Digitalizzazione delle imprese. Il 70% delle PMI italiane ha un’intensità digitale di base, in linea con la media europea (69%). Solo la Finlandia ha già raggiunto il target fissato per il 2030 (90%). Cresce la percentuale di fatturato delle PMI da eCommerce (14%) e le imprese italiane sono messe bene sull’adozione del cloud (52%). Siamo indietro nello sfruttamento dei big data e nell’impiego dell’IA, ma anche i Paesi EU più avanti sono ancora lontani dai target europei.
Competenze digitali. Solo il 46% degli italiani fra 16 e 74 anni ha competenze digitali di base (media europea: 54%). Solo l’1,5% dei nostri laureati è in ambito ICT, la media europea è 4,2%. Solo il 3,9% dei dipendenti italiani è specialista ICT, contro il 4,6% a livello europeo.
Servizi pubblici digitali. Nella disponibilità di open data l’Italia è al 7° posto in Europa, ma è distante dalla media europea per moduli di eGovernment precompilati a disposizione dei cittadini, servizi pubblici digitali offerti alle imprese, e nella trasparenza dei servizi pubblici digitali. Negli indici Digital Decade 2030 siamo in linea con la media europea solo per numero di cittadini che consultano digitalmente i referti sanitari. Per il resto siamo indietro, tranne che per la quota di cittadini che interagiscono online con la PA: 76% contro 74% di media europea.
A livello geografico si confermano ampie differenze tra le Regioni italiane su diversi indicatori e il distacco endemico delle Regioni del Mezzogiorno da quelle del Centro-Nord. A livello europeo emerge che più una regione è digitalizzata, più è efficace nell’affrontare le grandi sfide di sostenibilità: c’è una relazione tra 9 indici di trasformazione digitale disponibili in 212 Regioni europee e 4 obiettivi di sviluppo sostenibile.
Attuazione del PNRR, il ruolo decisivo della PA
Nell’attuazione del PNRR e degli obiettivi di trasformazione digitale, la Pubblica Amministrazione è fondamentale, perché gestisce e rendiconta tutte le risorse, ed è la destinazione di circa il 60% di esse (e in particolare il 33% di quelle della Missione 1 per la trasformazione digitale).
“In particolare per la digitalizzazione della PA il PNRR mette a disposizione circa 10 miliardi”, ha detto Gastaldi. “Ormai da anni l’Italia sta cercando di adottare il modello per lo sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali ‘Government as a Platform (GaaP)’, che ha quattro pilastri: dataset e componenti condivisi, piattaforme, modelli di interoperabilità applicativa basati su API, e soluzioni Cloud”.
Nel 2023, sottolinea l’Osservatorio, il modello GaaP ha compiuto importanti passi avanti:
Basi dati condivise. L’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani aderenti e la possibilità di scaricare 15 certificati anagrafici. Si stanno integrando le liste elettorali, e rendendo interoperabili altre anagrafi. Il FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico) non è ancora completamente operativo, ma oltre 418 milioni di referti digitalizzati sono già accessibili e il PNRR gli destina 1,3 miliardi. Continua il popolamento del portale dati.gov.it, con oltre 60.000 open data importati automaticamente dalle PA aderenti (897).
Piattaforme.PagoPA ha oltre 16.000 PA aderenti e ha gestito finora pagamenti per oltre 209 miliardi. SPID è nelle mani di 36 milioni di italiani e viene usato oltre un miliardo di volte l’anno, mentre sono oltre 40 milioni le CIE rilasciate: il Governo intende far convergere le due piattaforme nel digital identity wallet. Il PNRR destina 285 milioni di euro per rilasciare 42 milioni di identità digitali entro giugno 2025.
L’App IO è stata scaricata da 36 milioni di italiani e le 15.000 PA presenti offrono oltre 274.000 servizi che saranno potenziati con 390 milioni di euro del PNRR. SEND (che permette l’invio di notifiche digitali con valore legale) è stato integrato nel 2023 da 1400 enti pubblici: il PNRR fornisce 245 milioni di euro per raggiungere 6400 PA entro giugno 2026.
Sistemi di interoperabilità. La PDND (che abilita lo scambio automatico di dati tra PA) dall’ottobre 2022 ha accolto 4000 enti che espongono circa 900 API. Il PNRR destina 556 milioni per creare, entro giugno 2026, almeno 1000 API per migliorare la gestione di servizi previdenziali, sanitari, fiscali, pensionistici, scolastici e di welfare. Il progetto MaaS for Italy dedica 57 milioni di euro all’integrazione e interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato: 6 progetti pilota dovranno essere realizzati in altrettante città entro marzo 2025.
Cloud. Oltre 200 PA centrali, ASL e Aziende Ospedaliere hanno presentato piani di migrazione di dati e applicativi al PSN (Polo Strategico Nazionale). Il PNRR destina 900 milioni di euro alla creazione e migrazione entro giugno 2026 di dati e servizi di almeno 280 enti. Nel frattempo è iniziata la migrazione al cloud di dati e servizi pubblici guidata dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Il PNRR mette a disposizione 1 miliardo di euro a Comuni, Scuole e ASL/AO per migrare verso soluzioni qualificate nel cloud marketplace. A fine 2023 oltre 13.300 enti hanno presentato piani di migrazione, già terminati da oltre 1000.
Una nuova fase per l’Agenda Digitale
“A questo punto però si apre un’altra fase per l’Agenda Digitale dell’Italia, con alcune criticità da risolvere”, ha concluso Gastaldi.
La prima è che il PNRR, pur estremamente importante, “non deve mettere in ombra altri ambiti strategici, per esempio la completa digitalizzazione degli appalti, o l’AI, per cui non c’è ancora una strategia nazionale, anche se il governo la sta scrivendo. La piena attuazione del PNRR non è sufficiente a realizzare gli obiettivi Digital Decade 2030”.
“Inoltre c’è un problema di governance: occorre assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della PA siano spesi in modo efficace, monitorandone l’impiego nel tempo e potenziando i meccanismi di affiancamento e supporto agli enti locali che gestiranno gran parte delle risorse complementari al PNRR. Serve una regia forte che tenga alta l’attenzione di una pluralità di attori pubblici e privati”.
Infine occorre evitare che il mercato e le competenze si concentrino nelle mani di pochi fornitori. In particolare, nel procurement va completata la riforma del Codice dei contratti pubblici, accelerando la loro completa digitalizzazione.
“La PA italiana nel 2022 ha comprato lavori, servizi e forniture per 290 miliardi di euro”, ha sottolineato Gastaldi. “Con processi di procurement pubblico più efficaci ed efficienti potremmo fare vere riforme strutturali, con impatti dirompenti. Per farlo è tuttavia necessario superare i problemi del mercato delle soluzioni digitali alla PA italiana: il 69% della spesa dal 2016 a fine 2022 si è concentrato nelle mani di 50 fornitori e il 34% nei primi 5. Inoltre sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica, senza considerare i tempi per prepararla e quelli per gestire i ricorsi”.