Quattro domande sulla fusione Dell-EMC

Quattro domande sulla fusione Dell-EMC
L’affare annunciato ieri renderà Dell uno dei più grandi vendor IT al mondo. Le domande aperte ora sono tante, da come cambierà lo scenario competitivo, alla partnership con Cisco, ai probabili licenziamenti

Dell ha lanciato una bomba nel mercato IT enterprise annunciando l’accordo di acquisizione di EMC per l’impressionante cifra di 67 miliardi di dollari. L’operazione suscita diverse domande; ecco le risposte per quanto riguarda cloud, partnership con Cisco, panorama competitivo e licenziamenti.

Dov’è il cloud?

Supponendo che vada avanti, l’accordo renderà Dell uno dei più grandi IT vendor al mondo, subito dietro IBM e Microsoft, ma Dell ha ancora poco da offrire nel settore in rapida crescita dei servizi cloud. Oracle, IBM e Hewlett-Packard stanno sviluppando offerte cloud con vari gradi di successo, ma non è qualcosa su cui Dell si è concentrata, e l’acquisto di EMC non cambierà la situazione. Quanto ciò che conta è una questione aperta.
Questo accordo rende Dell un giocatore molto più forte nell’ambito dei fornitori di tecnologia IT tradizionale”, ha commentato Glenn O’Donnell, direttore di ricerca presso Forrester. “Il problema è che il futuro appartiene ai player non tradizionali”.

La maggior parte delle grandi aziende stanno utilizzando una combinazione di cloud pubblici e privati, e Dell ha bisogno di dimostrare che può essere un fornitore per queste aziende. Ma questo non significa che deve realizzare il proprio cloud, e competere testa a testa con Amazon Web Services o Microsoft Azure sarebbe un errore costoso, secondo O’Donnell.

Invece, Dell può fornire l’infrastruttura convergente per lo sviluppo di cloud privati on-premise, quindi offrire prodotti middleware che collegano questi sistemi a servizi come Azure e AWS. EMC possiede circa l’80 per cento di VMware, che vende questo tipo di software, e Dell ha Boomi e altri prodotti per l’integrazione cloud.

Dell vende anche hardware per le imprese che sviluppano servizi cloud, come ha evidenziato il CEO Michael Dell in una conference call che si è svolta ieri, dopo l’annuncio dell’acquisizione.
Crawford Del Prete, capo ricerca di IDC, ritiene che Dell non abbia bisogno di un servizio cloud oggi, anche se nel corso del tempo sarà necessario rivedere questa strategia. Ciò significherebbe spendere pesantemente in nuovi data center o in un’altra acquisizione, questioni che non sono certo prioritarie in questo momento per Michael Dell.

Cosa succede alla partnership VMware-Cisco-EMC?

EMC si è unita a Cisco e VMware sei anni fa per formare una società chiamata VCE, che vende sistemi che combinano elaborazione, rete e storage in blocchi preconfigurati.

Dell ed EMC hanno detto che la partnership continuerà. “Il nostro business VCE, quando sarà collegato ai prodotti e servizi Dell, crescerà più velocemente e avrà un impatto molto maggiore sul settore di quanto potrebbero avere le nostre aziende singolarmente”, ha dichiarato il CEO di EMC Joe Tucci tramite il blog aziendale.

Ma l’acquisizione di EMC apre la porta a Dell per aumentare le vendite dei propri server e apparecchiature di rete in tali sistemi convergenti, e O’Donnell è pessimista. “Lo sforzo VCE è morto, secondo me”, ha detto. “Cisco ha già ridimensionato il suo investimento, e mi aspetto che Michael Dell riduca il coinvolgimento di EMC”.
Egli stima che VCE fatturi circa 1 miliardo di dollari l’anno; non è cresciuta di più perché è una partnership, piuttosto che una “società reale”, il che rende i clienti diffidenti. “Dell ha ora l’opportunità di creare una società equivalente realmente unificata, e di farlo meglio”.

Del Prete vede un percorso più pragmatico per Dell. “L’azienda non può sostituirsi a Cisco in termini di apparecchiature di rete”, ha detto l’analista, che non vede grandi cambiamenti nel breve termine. “Mi aspetto che Dell cerchi di ottenere più valore da tali offerte, ma Michael è un ragazzo di buon senso, sa che deve avere il networking best-in-class e che ha bisogno di lavorare con Cisco”.

Che cosa significa l’acquisizione per i concorrenti?

Anche se la partnership VCE continua, il panorama competitivo cambia completamente per Cisco, e questo susciterà discussioni interni sulla sua strategia a lungo termine. “Penso che nel breve periodo non succederà niente, ma Cisco deve riflettere su quali partner scegliere e su potenziali fusioni in futuro”, ha detto Del Prete. “La convergenza è l’ordine del giorno, il che significa che Cisco deve ripensare a come si costruiscono i sistemi e con chi collaborare, perché da qui in poi EMC non è più la stessa società”.

Per quanto riguarda HP, sarebbe stata penalizzata dalla fusione Dell-EMC, ma ha scelto di dividersi in due società. L’operazione si concluderà il 1° novembre, e HP Enterprise sarà un’entità più piccola. Il CEO Meg Whitman ha letto in positivo la notizia, dicendo ai dipendenti, in una nota, che Dell pagherà, solo di interessi, 2,5 miliardi di dollari per completare l’acquisizione.

Ma l’affare aumenta la pressione su HP. “Questo accordo probabilmente accelera la roadmap di HP Enterprise per quanto riguarda acquisizioni significative, perché la musica adesso sta cambiando”, ha detto Del Prete di IDC.

L’analista Rob Enderle, che ha criticato la scissione di HP, è molto meno ottimista. “Se l’affare si conclude, HP è totalmente nei guai”, ha scritto sul blog. “Dell si presenterà come un venditore di gran lunga più completo di HP, e con i licenziamenti paralizzanti di HP in corso, i suoi clienti si metteranno rapidamente alla ricerca di alternative di classe enterprise”.

Ci saranno licenziamenti in Dell-EMC?

Alcuni tagli sono inevitabili, ma forse non così tanti come si potrebbe pensare in un affare di queste dimensioni.

Ci sono certamente alcuni sinergie costose, non lo neghiamo, ma ci sono altre aziende del settore che sono molto più brave a ridurre l’organico”, ha detto un po’ sarcasticamente Michael Dell nella conference call. Il riferimento probabilmente era ad HP, che ha già tagliato 55.000 posti di lavoro e sta per tagliarne altri 30.000. Una grande differenza è che Dell è una società privata, quindi non è sottoposta alla stessa pressione di HP nella riduzione dei costi.

Inoltre, Dell ha bisogno della forza vendita di EMC per far funzionare l’affare. Dell gioca principalmente nel mid-market, e punta su EMC per vendere prodotti ai clienti più grandi. Dell spera anche che il proprio team di vendita possa portare alcuni prodotti EMC ai clienti più piccoli che oggi non raggiunge.

Questo accordo avrà successo o meno in base alla capacità di Dell di sfruttare il valore della forza vendite di EMC”, ha detto Del Prete. “Sono i migliori del settore”. In merito alle “costose sinergie” citate da Dell, secondo Del Prete il riferimento “non riguarda i team di vendita, ma piuttosto funzioni di back office, come le risorse umane. E questo potrebbe limitare i tagli dei posto di lavoro”.

 

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Assinform: il mercato digitale italiano è in crescita

Assinform: il mercato digitale italiano è in crescita
Segnali incoraggianti per il mercato digitale italiano, ma si chiede di più per non bloccarsi partendo dall’accelerazione dei programmi di innovazione del governo.

Dopo anni di crisi il mercato digitale italiano che include informatica, telecomunicazioni e contenuti digitali ha finalmente ha ripreso a crescere. Nel giro di un anno è passato infatti dal -1,4% del 2014 al +1,5% del primo semestre 2015, con una previsione annua 2015 rivista al rialzo dall’1,1 all’1,3%. L’inversione di rotta spicca ulteriormente dal raffronto dei dati semestrali: l’attuale +1,5% segue al -3,1% dello scorso anno.

Questi in sintesi i dati diffusi oggi da Assinform sull’andamento del settore ICT in Italia, elaborati in collaborazione con NetConsulting. La crescita del 1,5% equivale a 31.583 milioni di euro, un dato in crescita, seppur contenuto, che non solo interrompe una tendenza negativa che durava da anni, ma concorre ad aggiustare al rialzo le stime per l’intero 2015: dall’1,1% della primavera scorsa all’1,3%, per un valore di 65.100 milioni.

Già a un primo livello di disaggregazione, i dati indicano che al ricupero hanno concorso po’ tutti i comparti compresi gli stessi servizi di rete, che nel primo semestre dello scorso anno erano caduti del 9,2% sulla spinta del calo delle tariffe, trascinando al ribasso l’intero mercato. La stabilizzazione di questa componente, che pesa per un terzo (11.980 milioni di euro) dell’intero mercato digitale, ha trascinato al rialzo anche i comparti Servizi ICT a 5.096 milioni (+ 0,3% a fronte del -2,4 dell’anno prima), Software e Soluzioni ICT a 2.732 milioni (+4,5%), Dispositivi e Sistemi a 8.275 milioni (+0,5%) e Contenuti Digitali e Digital Advertising a 3.500 milioni (+9,3%).

Il mercato dei dispositivi e sistemi è cresciuto di poco (+0,5%) e in modo molto asimmetrico. E’ calata la componente PC (-4,4% tra cui – 5,6% server, -7% desktop, -3% laptop) e dei tablet (-14% a causa di un mercato consumer ormai saturo), mentre sono cresciuti gli smartphone con un eloquente +7,4% a 1.430 milioni, trainati dall’interesse alle nuove applicazioni in mobilità.

Una nota molto incoraggiante viene anche dai servizi ICT, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo

Sul versante del software e delle soluzioni ICT si sono raggiunti i 2.732 milioni (+4,5%), con la crescita maggiore fatta segnare dal software applicativo (1.900 milioni (+5,8%), dalle piattaforme per la gestione web (138 milioni, +15%,) e dalla Internet of Things un po’ in tutti gli ambiti con un +16,7% a 700 milioni, che hanno più che compensato il calo delle soluzioni applicative tradizionali (-1,2% a 1.062 milioni).

Per effetto del raffreddamento delle vendite di hardware ha frenato, seppur di poco, il software di sistema (-1,2% a 247 milioni), mentre è andato meglio il middleware (585 milioni, +2,6% contro il +1,1% dei primi 6 mesi dell’anno scorso), a conferma di una costante crescita della domanda di soluzioni innovative per l’integrazione, la sicurezza e l’utilizzo ottimale delle risorse IT.

Una nota molto incoraggiante viene dai servizi ICT, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo. La crescita rilevata, per quanto contenuta (+0,3% a 5.096 milioni), pone fine a un trend negativo che durava da anni per un comparto oggi dominato dai servizi di data center e cloud computing (+12,3% a 869 milioni), mentre tutte le altre attività fanno segnare cali contenuti, come nel caso dell’outsourcing a -1,2%, della formazione a -3,6%, della consulenza a -1,6% e dell’assistenza tecnica a -1,7%.

“Si inizia a intravedere una maggiore attenzione alle potenzialità offerte dal digitale per innovare servizi, prodotti e processi, attraverso il ricorso al web, al cloud computing, all’IOT, alle nuove applicazioni in rete e in mobilità, all’uso dei big data. Resta il fatto che il nuovo trend è ancora fragile e che siamo ancora distanti dalla velocità di trasformazione digitale che occorrerebbe per recuperare il gap che ancora ci separa dagli altri paesi guida, e che condiziona la nostra capacità di competere e creare nuova occupazione. La trasformazione digitale rischia inoltre di essere frenata anche dalla carenza di competenze. Sta crescendo il gap tra domanda e offerta di profili specializzati nelle nuove tecnologie ICT e nei nuovi business digitali Ci sono mezzo milione di posizioni di lavoro disponibili che non si riesce a coprire per mancanza di skills. È urgente intervenire sul sistema della formazione, creando così nuove opportunità non solo per il sistema, ma per centinaia di migliaia di giovani”, ha dichiarato il presidente di Assinform Agostino Santoni.

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