Software italiani, un settore con 1500 soluzioni e oltre 500 aziende
In Italia sono in commercio oltre 1500 soluzioni software “made in Italy”, sviluppate da 532 software house, che fatturano in totale 3,48 miliardi di euro (cioè lo 0,18% del PIL nazionale), e danno inoltre lavoro a più di 23mila dipendenti.
Questi i principali risultati dello studio “Italian Tech Landscape”, un’analisi del mercato dei software italiani ideata dell’imprenditore Max Brigida (nella foto), e realizzata con il patrocinio di AssoSoftware e la collaborazione di Cerpem (Centro Ricerche per il Mezzogiorno) e TeamSystem.
Fra le 16 categorie di software individuate, la più rilevante numericamente è quella dei software gestionali, con circa il 40% del totale delle soluzioni, seguita da servizi (15,7%), Martech (15,2%), HR (10%) ed ERP (6%).
Più bassa (3,6%) l’incidenza dei software italiani basati sull’Intelligenza Artificiale, che il report attribuisce alla difficile accessibilità di queste soluzioni per le micro, piccole e medie imprese, sia in termini di investimento iniziale che di competenze richieste.
Il 58% dei software italiani è sul mercato da meno di 5 anni
L’analisi territoriale vede prevedibilmente in testa la Lombardia, dove è stato sviluppato il 36,6% dei software italiani. Seguono Piemonte (11,1%), Emilia-Romagna (9,4%), Veneto (8,3%), Toscana (7,3%) e Lazio (5%).
La Lombardia è prima anche per fatturato complessivo (1451 milioni, il 41,7% del totale nazionale) e dipendenti (8091, oltre un terzo del totale), seguita da Emilia-Romagna (401 milioni di fatturato e 2639 dipendenti).
Meno prevedibile invece è la bassa età media delle soluzioni software censite: tre su quattro hanno meno di 10 anni. Più in dettaglio il 58% è sul mercato da meno di 5 anni, il 16% ha fra i 5 e i 10 anni, il 18% fra 10 e 25 anni e il 4% più di 25 anni.
Quanto alle aziende, l’età media delle oltre 500 software house censite è di 14 anni. Il 46,7% ha tra 0 e 10 anni, un altro 30% ha tra 10 e 25 anni.
Lo studio si è svolto in 4 fasi: mappatura iniziale, suddivisione in categorie e sottocategorie, analisi “desk”, e analisi “on-field” attraverso un questionario di approfondimento sottoposto alle software house. È stato coordinato da PierFelice Rosato, docente in Marketing e Digitalizzazione, imprenditorialità e gestione dell’innovazione all’Università di Bari, e realizzato dal Cerpem e dal team di Software Italiani, un ecosistema fondato da Brigida eche comprende, oltre a questa indagine, l’evento ISweek (che si terrà a Rimini in aprile), una serie di podcast, una community e un osservatorio.
“Un settore rilevante e imprenditorialmente vivace”
“Questa analisi fornisce una chiara evidenza della rilevanza e vivacità imprenditoriale nel settore software italiano”, ha commentato Rosato. “Emergono un significativo numero di startup mappate, concentrate spesso su ambiti alla frontiera tecnologica, come l’AI, una forte concentrazione geografica al Centro-Nord, con segnali però incoraggianti dal resto d’Italia, e una presenza significativa che ipotizziamo in crescita di martech, IA, e di una serie di software associabili alla trasformazione digitale”.
L’obiettivo, continua Rosato, è proseguire la mappatura per arrivare a una rappresentazione più fedele dell’ecosistema software italiano. “Finora l’analisi è stata quantitativa, ma dei software mappati abbiamo una descrizione di cosa fanno esattamente al di là del titolo e dell’etichetta: è un patrimonio informativo molto interessante che va valorizzato”.
“Sebbene le grandi realtà facciano da traino, le start-up sono quelle che ‘aggiungono benzina’”, ha aggiunto Brigida. “Se vogliamo crescere, anche rispetto agli altri Paesi d’Europa e del mondo, dobbiamo creare ecosistemi con iniziative che si retro-alimentino fra loro, facendo sistema per sostenere sempre più queste realtà e tutto l’ecosistema del software Made in Italy”.