Professioni ICT, le skill più richieste in Italia: data, content e security

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La domanda di figure ICT è tornata ai livelli del 2019 dopo la flessione del lockdown. I dati e l’indice di novità delle professioni dell’Osservatorio Competenze Digitali

La domanda di professionisti ICT in Italia si sta riprendendo dalla forte flessione dei primi mesi del 2020, causata dalla pandemia e dai lockdown: è in crescita per tutte le aree di competenze, ma soprattutto in quelle più innovative: governance e analisi dei dati (big data specialist, data scientist, cloud specialist), gestione e sviluppo di contenuti digitali (digital media specialist), sicurezza IT (information security manager e specialist) e reti (network specialist). Inoltre le competenze richieste negli ultimi 6 anni sono cambiate, in alcuni casi profondamente cambiate, per tutte le principali figure dell’ICT, segno che in questo settore l’aggiornamento continuo è una condizione necessaria per mantenersi competitivi sul mercato del lavoro.

Sono le conclusioni principali della settima edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, presentato pochi giorni fa dai promotori: AICA, Anitec-Assinform, Assintel, Assinter Italia, Università Bicocca di Milano.

L’Osservatorio si basa sul monitoraggio degli annunci di lavoro sul web delle aziende italiane (ma anche sulla rilevazione delle retribuzioni nell’ICT in Italia) e in questa edizione si focalizza sui trend della domanda delle professioni ICT tra il primo semestre 2019 e il primo semestre 2021, per evidenziare gli effetti della pandemia, e sul neonato “indice di novità” delle professioni, per misurare il cambiamento nel tempo dell’insieme di competenze richiesto per ogni figura ICT.

In particolare gli approfondimenti in questa edizione si sono concentrati su 3 regioni – Lombardia, Lazio e Campania, che sono le più significative del Nord, Centro e Sud Italia per quanto riguarda il mercato del lavoro ICT.

Ma vediamo qualche numero. Nel primo semestre 2021 in tutta Italia sono stati pubblicati circa 51.700 annunci relativi alle professioni ICT, suddivisi in 8 famiglie professionali: Business, Design, Development, Emerging, Process Improvement, Service & Operation, Support, Technical. Il dato rappresenta un aumento del 14% rispetto al primo semestre 2020, e si riavvicina ai 57mila annunci del primo semestre 2019.

Lombardia, Lazio e Campania: oltre 25mila annunci di lavoro ICT nei primi sei mesi 2021

A livello delle tre regioni analizzate invece il primo semestre 2021 fa già segnare un ritorno ai valori pre-Covid, con 25.300 annunci totali contro 25.100 del primo semestre 2019. Va detto che la Campania praticamente è rimasta su valori molto simili (1700-1800 annunci al semestre) in tutto il periodo, ma incide sul totale degli annunci delle tre regioni solo per il 7%, mentre Lombardia e Lazio hanno registrato forti flessioni nel 2020 prontamente recuperate nel 2021. Parlando sempre di primi semestri, la Lombardia è passata dai 17.300 annunci del 2019 ai 13.200 del 2020 ai 17.000 del 2021, il Lazio da 6100 (2019) a 4900 (2020) a 6500 (2021).

“Per quanto riguarda le singole professioni, quelle che hanno mantenuto andamento positivo anche durante il lockdown (primo semestre 2020 rispetto a primo semestre 2019) sono le aree governance e analisi dei dati (big data specialist, data scientist, cloud specialist), e reti/sicurezza (information security manager e specialist, network specialist)”, ha spiegato Mario Mezzanzanica dell’Università Bicocca. “Invece nel confronto tra prima (2019) e dopo la pandemia (2021) crescono praticamente tutte le professioni ICT ma ancora una volta la domanda trainante viene dalle specializzazioni più innovative, e cioè le due già citate (governance e analisi dati, reti e sicurezza), e quella di gestione e sviluppo contenuti digitali, dove le figure più rappresentative sono digital media specialist, digital consultant, account manager, solution designer”.

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Le 5 professioni ICT più cambiate dal 2015: dal cloud specialist all’IT security manager

Passando al cosiddetto “indice di novità”, l’obiettivo era di confrontare quanto sono cambiati gli skill-set (insiemi di competenze) delle 37 professionalità ICT monitorate dall’Osservatorio tra il primo semestre 2021 e lo stesso periodo del 2015 attraverso tre variabili: andamento dei posti vacanti, percentuale di skill presenti nel 2021 e assenti nel 2015, e variazione della rilevanza delle competenze presenti sia nel 2015 che nel 2021.

Ne emerge che tutte le professioni ICT hanno un indice di novità alto o medio, guidate dalle aree di competenza più innovative. Nella top 5 delle figure ICT con tasso di novità più alto troviamo esperto in cloud computing, data specialist, solution designer, data scientist e information security manager, mentre le 5 con indice più novità più basso (cioè con mix di competenze più simile al 2015) sono account manager, network specialist, systems administrator, esperto in digital transformation, e service support. L’Osservatorio ha inoltre analizzato anche le professioni non ICT, ricavando che l’aumento della crescita di competenze digitali richieste riguarda anche molte di queste, con indice di cambiamento delle skill superiore al 75%.

“Tirando le somme, tre aree di competenze ICT risultano le più dinamiche al momento: la capacità di analizzare dati a supporto dei processi decisionali in azienda, l’uso di tecnologie e metodologie innovative per il governo dell’innovazione dei processi, e le competenze di valorizzazione e gestione delle relazioni coi clienti, anche tramite le piattaforme social e digitali”, sottolinea Mezzanzanica. “Inoltre le competenze trasversali sono l’altro grande driver di cambiamento: sono sempre più un requisito preferenziale nella selezione del personale”.

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Le skill elementari: Cloud Specialist, Big Data Specialist, Data Scientist

Per fare qualche esempio, al momento tra le principali skill elementari del Cloud Computing Specialist, quelle digitali più rilevanti sono le piattaforme cloud più diffuse (soprattutto Google CLoud), quelle trasversali più rilevanti sono le capacità di leadership, di applicare il pensiero concettuale (cioè di saper schematizzare problemi complessi), di stabilire buone relazioni di cooperazione.

Passando al Big Data Specialist, le skill digitali più rilevanti sono Cloudera, Hive, Cassandra, software per l’analisi statistica, SAS Data Management, quelle trasversali più rilevanti sono saper comunicare con terminologia più adeguata all’interlocutore, e applicare il pensiero concettuale.

Infine il Data Scientist: le skill digitali più rilevanti sono soluzioni e tecnologie di data mining, le skill trasversali più rilevanti sono saper comunicare con la terminologia più adeguata, e saper applicare il pensiero concettuale.

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HPE Italia, al via l’era Bassoli: “Abbiamo davanti 5 anni di enormi opportunità”

HPE Bassoli Venturi
Stefano Venturi passa il testimone al nuovo AD: “Il miglior momento per voltare pagina. Mi occuperò delle innovazioni che il paese sta affrontando”

A pochi giorni dal cambio della guardia al vertice di HPE Italia, che è stato annunciato a metà dicembre ma che sarà operativo dall’1 febbraio, i due interessati – Stefano Venturi e Claudio Bassoli – si sono idealmente passati il testimone in una conferenza stampa.

Venturi: “Il miglior anno di sempre per HPE”

“L’anno fiscale chiuso il 31 ottobre scorso”, ha detto Venturi, che ha guidato HPE Italia per 10 anni, “è stato il migliore di sempre da quanto esiste HPE: tutti gli indicatori sono andati di gran lunga sopra le aspettative, in alcune aree siamo cresciuti a doppia cifra, in altre addirittura in tripla. Sono andate particolarmente bene le tecnologie, a partire da networking e wifi6, l’high performance computing, e la parte GreenLake “everything as a service”, cresciuta a tripla cifra”.

E il nuovo fiscal year, il cui primo trimestre si chiude tra pochi giorni, promette ancora meglio, continua Venturi. “La squadra in Italia lavora particolarmente bene insieme, c’è un entusiasmo da startup, e anche la relazione con i partner è la migliore di sempre, per cui molti mi hanno chiesto perché esco in questo momento. Il fatto è che dopo 10 anni abbiamo fatto tanta strada, rimesso “in bolla” l’azienda e la strategia con una profonda trasformazione che ritengo completata: il mio lavoro è finito, le cose sono lanciate e vanno per il meglio, è il miglior momento per voltare pagina. Per questo ho assunto la presidenza del Cefriel, e voglio dedicarmi completamente alle grandi innovazioni che il paese sta affrontando”.

A questo punto Venturi ha idealmente passato le cariche di Presidente e Amministratore Delegato di HPE Italia a Claudio Bassoli: “Conosco Claudio da 30 anni, fin dai tempi di HP negli anni ‘90, poi ci siamo ritrovati in Cisco e in HPE dove è nel leadership team da 9 anni ed è stato al mio fianco durante la grande trasformazione che abbiamo portato avanti in questi anni”.

Bassoli: “PNRR occasione unica, la nostra risposta è l’everything as a service”

“Sono onorato di assumere la guida in Italia di un’azienda che ha fatto la storia dell’IT e del digitale, e ancora oggi è estremamente innovativa”, ha detto Bassoli. “Abbiamo davanti 4-5 anni di grandissime opportunità, è un’occasione storica e irripetibile: il PNRR mette il digitale come prima priorità e l’Italia alla fine di questo periodo dovrà essere riuscita a riempire il gap digitale rispetto agli altri paesi”.

“Riteniamo che per rispondere a questa sfida, il nostro cloud di nuova generazione “everything as a service” possa essere un fattore importante. Questa soluzione, commercialmente chiamata GreenLake, ha diversi punti di forza. Innanzitutto non richiede di investire grandi capitali iniziali grazie all’uso a consumo. Poi non vincola le infrastrutture a un luogo fisico: il cliente può portare il cloud dove vuole. Inoltre è un modello “a km zero”, ovvero non è necessario spostare dati, cosa molto importante visti gli elevati costi energetici attuali. Infine, mantenendo il dato dove viene generato, si risolve all’origine il problema della sicurezza”.

GreenLake, ha continuato Bassoli, non è in contrapposizione con i concetti alla base del progetto di Polo Strategico Nazionale: “La nostra proposta è più complementare che alternativa al cloud pubblico di nuova generazione: la digitalizzazione della PA passa per una pluralità di soluzioni, alcuni dati e informazioni devono essere conservati in loco per la loro sensibilità, altri possono essere centralizzati. Noi siamo per le infrastrutture aperte, non per niente abbiamo aderito subito a Gaia-X: occorre evitare che il cloud sia un’occasione per costruire nuovi silos”.

Pur ricordando il lavoro di innovazione e le referenze in Italia di HPE in diversi campi, tra cui energia (ENI), aerospazio (NASA), automotive (Pirelli, Red Bull) e sanità, e le varie iniziative di responsabilità sociale nel nostro paese, il nuovo numero uno di HPE Italia ha incentrato il suo intervento nella conferenza stampa soprattutto sull’everything as a service e sui suoi benefici, citando anche uno studio strategico condotto insieme a The European House-Ambrosetti e presentato qualche settimana fa.

Il ruolo dei partner

“L’utilizzo massivo di queste soluzioni può generare oltre 220 miliardi di euro di PIL addizionale nei 5 anni dal 2021 al 2025, un aumento della produttività media delle imprese fino al 2,3%, e per quanto riguarda specificamente la filiera ICT un volume di ricavi aggiuntivi di 1,3 miliardi. Naturalmente i benefici riguardano anche la Pubblica Amministrazione, che con la nuova generazione del cloud può ridurre i costi ICT di 650 milioni di euro, e la richiesta di dati e informazioni ad aziende e cittadini di ben il 90%”.

Nel modello everything as a service di HPE, ha concluso Bassoli, il ruolo dei partner è fondamentale: “In Italia abbiamo sempre puntato sulla prossimità, su partner e competenze che portano la nostra innovazione sul mercato e sviluppano servizi e soluzioni di valore a “km zero” e “time-to-market zero”, anche grazie a iniziative che sono casi di eccellenza a livello internazionale, come Innovation Lab e Innovation Lab Next”.

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