SAP, la sostenibilità è un business: “Consumatori sempre più interessati”
Si parla sempre più di prodotti “green” e sostenibilità, ma cosa pensano gli italiani su questi argomenti? Oltre il 44% li ritiene molto importanti. E quasi uno su 2 è disposto a pagare prezzi più alti per prodotti e servizi generati in modo sostenibile, e chiede trasparenza di informazioni sulle materie prime. Eppure a questo interesse non corrisponde un’informazione completa sulle iniziative green delle imprese in vari settori, segno evidentemente di un problema di comunicazione al mercato.
Sono le conclusioni principali di un’indagine di SAP e Qualtrics su un campione di 1250 consumatori italiani, che ha approfondito comportamenti d’acquisto e percezioni sui prodotti e servizi di 5 settori: food, automotive, moda, utilities e trasporto pubblico. Indagine presentata pochi giorni fa in conferenza stampa dall’amministratore delegato di SAP Italia Manos Raptopoulos, con Carlos Díaz, Chief Sustainability Officer, SVP SAP EMEA South, e la partecipazione di Mirco Lucchetta, ICT Associate Director EMEA & HQ di Safilo.
“La sostenibilità è un tema centrale nella strategia di SAP, perché l’interesse per questi temi sta facendo emergere un nuovo tipo di consumatore a cui le imprese di tanti settori devono rispondere se vogliono rimanere competitive nel lungo termine”, ha detto Raptopoulos. “Per questo stiamo sviluppando un portafoglio di soluzioni in quest’ambito lungo quattro dimensioni: climate action, circular economy, holistic steering e reporting, socially responsibile value networks”.
SAP emette annualmente un “integrated report” che riferisce anche degli impatti della sua attività sull’ambiente, e da poco ha accertato che sarà carbon neutral entro il 2023, due anni prima dell’obiettivo originario, ha continuato l’AD di SAP Italia.
“SAP per prima usa la “Sustainability Dashboard”, basata su SAP Analytics Cloud, che ci mostra il nostro andamento sugli obiettivi di sostenibilità: non solo il carbon footprint, ma anche viaggi aziendali, gender diversity, retention, coinvolgimento del personale. I suoi dati dimostrano che la sostenibilità non è solo salvaguardia del pianeta ma anche convenienza economica: per esempio per ogni punto percentuale di riduzione delle emissioni di CO2, SAP realizza 6 milioni di euro di profitto operativo in più”.
L’importanza della trasparenza nel food, nella moda e nell’auto
Carlos Diaz di SAP è poi sceso più nel dettaglio dei risultati dell’indagine. Nell’ambito food, il 48% degli intervistati sceglierebbe con più probabilità un marchio riconosciuto come sostenibile, mentre il 45% ritiene importante che i brand lavorino su materie prime sostenibili.
Nel mondo della moda, il 47% degli intervistati considera molto importanti le pratiche di sostenibilità dei brand preferiti, e il 79% controlla spesso o a volte l’origine delle materie prime dei prodotti. Per il 39%, gli acquisti di abbigliamento sono influenzati dall’impatto della loro produzione sull’ambiente (energia consumata, tipo di imballaggio etc.), mentre il 54% è molto propenso ad acquistare prodotti basati su una nuova materia prima riciclabile (come le fibre vegetali o di frutta).
Quanto all’auto, Il 49% dichiara che la sostenibilità è un elemento essenziale per acquistarne una, e il 51% tiene conto delle emissioni del produttore per decidere quale modello acquistare. Il 46% valuta l’origine sostenibile dei materiali e il 45% il riciclaggio dei componenti alla fine vita del veicolo.
Questi dati, spiega Diaz, mostrano che la trasparenza è essenziale per migliorare l’immagine dell’azienda. La presenza di informazioni sulla provenienza sostenibile di alimenti o indumenti sull’etichetta è un importante vantaggio competitivo, soprattutto nel food.
Comunicazione sulle iniziative “green”: moda e utility lasciano a desiderare
Nella moda si parla molto di riciclo dei capi, mercato dell’usato e pay-per-use nei comunicati stampa e sulle riviste specializzate, ma queste tendenze arrivano solo parzialmente ai consumatori. Solo il 57% sa che alcune aziende hanno politiche di riciclo per i propri capi, e il 22% dei rimanenti usufruirebbe di questo servizio se lo conoscesse. Analogamente, il 16% parteciperebbe a programmi di pay-per-use e il 19% li prenderebbe in grande considerazione.
Nell’area servizi pubblici (elettricità, gas, acqua, ecc.), il 21% dei consumatori ritiene che i propri fornitori non comunichino in modo chiaro programmi e iniziative di sostenibilità e il 45% dà un punteggio inferiore a 5, in una scala da 1 a 10, nella comprensione delle azioni contro il cambiamento climatico del proprio fornitore.
Se ne deduce, spiega Diaz, che le utilities potrebbero fare di più per aumentare la conoscenza sulle proprie politiche di sostenibilità e sui benefici, tenendo conto della rilevanza che questo aspetto ha per i consumatori.
Il premio di prezzo per la sostenibilità
Nel food, il 68% dei consumatori è disposto a pagare di più per i prodotti green purché la differenza di prezzo sia marginale, mentre nell’auto il 70% tiene conto dell’impatto ambientale di servizi e manutenzione e il 60% sarebbe disposto ad acquistare l’opzione green per rispettare le normative vigenti.
Quanto al settore trasporti, più della metà (58%) sceglierebbe un viaggio in treno di 5 ore con 4 volte meno emissioni rispetto a un viaggio in aereo di 1 ora. Il 50% aumenterebbe il tempo di viaggio di almeno il 50% per ridurre il proprio impatto in termini di emissioni di CO2.
Nel caso delle utilities, il 50% degli intervistati cita il prezzo come deterrente nello scegliere fornitori con pratiche sostenibili anche se il 23% evidenzia una mancanza di conoscenza, soprattutto tra i più giovani. Il reddito qui è un fattore determinante: i consumatori con livelli più bassi sono più restii a pagare di più per servizi pubblici sostenibili rispetto a quelli con reddito più alto (14% contro 20%).
Riassumendo, per il cibo, i trasporti e la manutenzione dell’auto, i consumatori sarebbero disposti a pagare di più, per i servizi pubblici molto meno. Per il trasporto, è importante mostrare sempre l’impatto CO2 dei servizi offerti, garantire opzioni di compensazione, e dare opzioni più ecologiche con prezzo e comfort simili. In questo caso, i clienti sono disposti a pagare un po’ di più e ad aumentare il tempo di viaggio.
L’esperienza di Safilo
Come accennato, alla conferenza stampa Mirco Lucchetta di Safilo ha parlato delle iniziative di sostenibilità della multinazionale dell’occhialeria: “Facciamo tutte le fasi della catena del valore, anche se siamo più conosciuti per i marchi distribuiti che per quelli di proprietà. Siamo una realtà manifatturiera che vive di fashion”, ha detto Lucchetta.
“Nell’occhialeria la sostenibilità non è ancora un tema di massa, ma in Safilo è in corso un grande lavoro di studio e ricerca. Per esempio sull’utilizzo di plastiche riciclate, dove siamo già in produzione con econil, un materiale ricavato dalle reti da pesca. Oppure sugli esperimenti – in fase molto avanzata – sulle lenti in materiale riciclato, per esempio con Ocean Cleanup, progetto in cui ogni paio di occhiali viene prodotto con la plastica recuperata ripulendo un’area di oceano grande come 24 campi di calcio”.
Digitalizzazione e sostenibilità, ha concluso Lucchetta, vanno a braccetto, perché la prima consente di eliminare documenti e oggetti introducendo più efficienza. “In Safilo il piano di digitalizzazione era iniziato già prima del covid, investendo tutti i canali di vendita. Uno dei progetti a maggiore impatto ha interessato il processo di sostituzione in garanzia dei prodotti: prima era molto macchinoso, ora comincia con la foto del prodotto fatta con lo smartphone, richiede pochi click, e termina con l’arrivo del prodotto sostitutivo in pochi giorni, e oltre a essere accolto con entusiasmo dagli ottici nostri clienti ha anche ridotto le emissioni di CO2”.