AWS ai partner italiani: “La migrazione al cloud è solo l’inizio”
All’edizione 2023 dell’AWS Summit di Milano, l’evento annuale italiano di Amazon Web Services, hanno partecipato 400 partner italiani, ai quali è stato dedicato un incontro ad hoc con keynote di Vittorio Sanvito, Head of EMEA Partner di AWS.
Sanvito ha tra l’altro presentato i risultati di uno studio di mercato di Canalys secondo il quale per ogni dollaro fatturato da AWS i partner incassano fino a 6,4 dollari.
L’analisi di Canalys – basata su interviste a 44 partner AWS in 8 paesi (tra cui Francia, Germania e Regno Unito, ma non l’Italia) – evidenzia poi che il 61% di questo multiplo si realizza nel primo anno del progetto con il cliente, e il 60% nelle fasi iniziali (advise, design, build). Inoltre il 79% dei partner riscontra un aumento della cloud consumption dei clienti dopo il primo anno di utilizzo di servizi AWS.
A Sanvito abbiamo chiesto un approfondimento su alcuni punti dell’indagine e sugli altri temi discussi con i partner all’evento di Milano.
Da dove nasce l’esigenza di questo studio commissionato a Canalys?
In una prima fase i partner per noi erano fortemente categorizzati: consulting, reseller, technology o ISV. Oggi però quasi nessuno dei partner fa uno solo di questi mestieri. Per questo l’anno scorso abbiamo cominciato un percorso per portare ogni partner a ritagliarsi la sua specificità e modello di business. Abbiamo quindi definito cinque partner path (ne abbiamo parlato qui, ndr), che non sono esclusivi: ogni partner può sceglierne più di uno.
Il passo successivo era capire come i partner aggiungono valore alle nostre soluzioni: da qui l’idea dell’analisi di Canalys, che ha accertato la possibilità di arrivare a un moltiplicatore di 6,4 dollari per ogni dollaro venduto di servizi AWS. Lo riteniamo uno studio molto significativo: è vero che tra le 8 country analizzate non c’è l’Italia, ma le conclusioni sono applicabili globalmente. Gran parte delle dinamiche che caratterizzano l’ecosistema dei partner AWS ormai valgono a livello globale.
Ovviamente molto di questo moltiplicatore dipende dal business model. È basso per chi fa puro reselling, e si alza gradualmente per chi aggiunge propri servizi, servizi gestiti – per i quali emerge una profittabilità del 30-40% – e sale ulteriormente fino al business outcome, quando il partner è in grado di proporre al cliente nuovi modelli di business per la sua situazione specifica.
Cosa altro ha imparato AWS sui partner da questo studio?
Ci sono altri due elementi ricorrenti tra i partner a più alta profittabilità. Uno è la conoscenza dettagliata delle tecnologie e soluzioni AWS, e questo è coerente con la nostra spinta sui partner perché investano in competenze. Il secondo è l’ampiezza dell’offerta: più servizi il partner conosce nel dettaglio, più è in grado di integrarli e creare soluzioni capaci di rispondere a esigenze complesse.
Altri studi recenti poi evidenziano la crescente importanza di AWS Marketplace. Sul marketplace i clienti spendono l’80% in più sui SaaS di terze parti e gli ISV aumentano del 27% il tasso di successo delle trattative, con un ciclo di vendita del 40% più veloce. Tra l’altro storicamente i marketplace sono nati per rivolgersi agli ISV, ma adesso sul nostro oltre a 3000 ISV abbiamo anche 1300 system integrator, che ci vendono anche servizi professionali.
Quali altri temi avete discusso con i partner a Milano?
Uno è la volontà di anticipare il coinvolgimento dei partner nel ciclo di gestione dell’opportunità. Un altro è che dobbiamo accelerare nella migrazione al cloud. I workload in cloud sono solo il 15% del totale, tutto il resto è opportunità, senza contare i workload che ancora non esistono. Solo qualche mese fa per esempio i workload di generative AI non esistevano.
Terza cosa: la migrazione per noi rimane la priorità principale, ma va vista come un punto di partenza. Una volta portato il cliente nel cloud inizia la vera parte di innovazione, dove i partner giocano un ruolo fondamentale.
Poi abbiamo parlato di soluzioni, un trend sempre più interessante. I clienti vogliono risolvere problemi di business e si aspettano appunto soluzioni end-to-end, e non solo il singolo servizio cloud. Possono essere “package solutions”, tipicamente per PMI: quelle di backup-as-a-service per esempio sono composte di servizi AWS, consulenza del partner e software di backup dell’ISV. Oppure possono essere soluzioni più complesse end-to-end, dove il partner fornisce grande valore aggiunto perché mette insieme le varie tecnologie.
Il tema del momento è l’AI generativa: quali programmi ha AWS per incoraggiare i partner a lavorare in questo campo?
Da anni abbiamo soluzioni operative di AI generativa. Il nostro obiettivo è far sì che chiunque possa scegliere a quale livello lavorare e ottenere vantaggi specifici per la propria realtà.
Ultimamente abbiamo annunciato Bedrock, un servizio totalmente gestito che mette a disposizione foundational model già pronti, da addestrare con propri dati. Non è ancora in general availability, ma è già a disposizione di alcuni clienti. E anche CodeWhisperer, servizio indirizzato agli sviluppatori, che accetta in input richieste in linguaggio naturale e genera il corrispondente codice.
I partner stanno lavorando soprattutto su due aspetti. Uno è la creazione di soluzioni di AI generativa basate su servizi e foundational model messi a disposizione da AWS, con volumi di dati già pronti per l’uso, o aggiungendo dati con un altro passaggio di training.
L’altro è la creazione di foundational model. In futuro avremo tantissimi algoritmi, o foundational model, che risolveranno problemi specifici, o addirittura personalizzati. Inoltre AWS sta lavorando anche sulle tecnologie di base. Abbiamo sviluppato chip proprietari, sia per ridurre i costi dei workload AI, sia per addestrare i modelli e farli funzionare in modo più efficiente. E poi abbiamo StageMaker che è un servizio di riferimento per il machine learning.
Può citare un progetto particolarmente innovativo in Italia degli ultimi 12 mesi?
Il caso di FiloBlu (società di consulenza strategica sui business digitali, con sede principale a Venezia, ndr) mi ha colpito perché è un esempio di cliente cloud-native che ha fatto innovazione di business con l’aiuto di un nostro partner.
FiloBlu è praticamente nata con un’infrastruttura cloud. Non aveva quindi necessità di migrazione, perché utilizzava il cloud per i servizi infrastrutturali di base da sempre. A un certo punto però hanno voluto fare un salto di qualità e introdurre innovazione di business. Hanno lavorato con Eudata, un partner AWS che si occupa di user experience, e partendo dal nostro servizio di contact center AmazonConnect hanno integrato più componenti ML, AI e BI realizzando una soluzione di customer care che permette di scalare velocemente ma anche di creare esperienze personalizzate per i clienti fin dalla prima chiamata.