Red Hat Italia punta su distributori, CSP e consulenti: obiettivo midmarket

Thomas Giudici, MED Regional Ecosystem Leader di Red Hat
Thomas Giudici, MED Regional Ecosystem Leader di Red Hat, racconta il percorso di cambiamento nella gestione del canale: “A marzo-aprile un nuovo partner program”

Da un paio d’anni Red Hat ha cambiato marcia nella sua strategia di canale, con l’obiettivo primario di allargare il target di mercato anche al midmarket, obiettivo particolarmente importante in Italia. Per questo l’azienda sta affidando ai distributori IT un ruolo più importante, e sta allargando il perimetro del suo ecosistema con fornitori di servizi di consulenza.

Di questo e delle altre priorità nella gestione dei partner abbiamo parlato con Thomas Giudici, MED Regional Ecosystem Leader di Red Hat.

Italia seconda country in EMEA per vendite tramite la distribuzione

“Il canale è fondamentale per Red Hat, che realizza praticamente tutto il business, a parte qualche singolo deal, attraverso la distribuzione: l’Italia in particolare è la seconda country in EMEA, e questo in termini di vendite assolute, non di percentuale”, ci spiega Giudici. “Per questo negli ultimi due anni e mezzo abbiamo iniziato con i nostri partner un percorso di notevole cambiamento, per sintonizzarli al meglio sulle nostre strategie (ne abbiamo parlato qui, ndr) e sul go-to-market più adatto e misurabile per poterle realizzare”.

“Il concetto principale che ci guida è che il partner preparato al futuro deve avere una componente consulenziale, deve essere in grado di aiutare il cliente nel decidere il suo percorso di trasformazione digitale e verso il cloud, e deve proporre servizi, perché la componente di rivendita verrà sempre più centralizzata su altri player”.

Il midmarket in Italia è tutto il mercato sotto i 40 principali clienti

Il punto di partenza, continua il manager, era un ecosistema di partner molto focalizzati sulle tecnologie, ma con dimensioni e copertura di mercato spesso limitati. “Red Hat è nata come realtà fortemente tecnologica che si rivolge al mercato enterprise, ma per noi in questo momento è importante espanderci sul midmarket, che in Italia è tutto il mercato sotto i 40 principali clienti, e per poterlo fare abbiamo bisogno di partner con copertura commerciale su tutto il territorio nazionale, ma anche in grado di investire su competenze molto specialistiche come quelle Red Hat”.

Nell’ultimo anno, continua Giudici, si è intensificata la collaborazione con società di consulenza in aggiunta a partner storici come Accenture, Atos, Capgemini, DXC, e altri, “perché su certi clienti è fondamentale avere una sensibilità più vicina al business che alle tecnologie. Parlo di società di consulenza che comunque hanno un’anima IT, e aiutano il cliente a decidere quanto budget dedicare ai progetti di digitalizzazione”.

La naturale evoluzione del ruolo del distributore

A questo si affianca un approccio per cui il distributore IT avrà un ruolo sempre più importante. “È la naturale evoluzione per il distributore, che non può più fare solo da “banca”, ma deve portare valore all’ecosistema attraverso lo scouting di partner adatti a Red Hat, e il supporto alla formazione e mantenimento di competenze e certificazioni dei partner esistenti, con particolare attenzione ai temi container e automazione”.

In Italia i distributori di Red Hat sono tre: Computer Gross (qui l’annuncio dell’accordo), TD Synnex (ex Tech Data, qui l’ampliamento dell’accordo anche agli ISV) e V-Valley/Esprinet. “Tutti e tre hanno un ruolo fondamentale nel nostro ecosistema e ciascuno ha un insieme di partner ben distinto su cui lavora”.

In questo nuovo approccio al canale c’è un ruolo fondamentale anche per i cloud service provider (CSP), una categoria – sottolinea Giudici – che ormai è ben rappresentata anche in Italia sia da operatori nazionali sia da hyperscaler.

Cloud Service Provider, i recenti accordi con Fastweb, TIM, Aruba e Cineca

“Per quanto riguarda gli hyperscaler, lavoriamo con Microsoft, AWS, Google, e ovviamente IBM. Nel nostro canale gli hyperscaler lavorano su un livello molto alto sia riguardo alla tipologia di clienti, sia riguardo al numero di competenze Red Hat che possono mettere in campo”.

Ma anche i CSP nazionali per Red Hat sono decisivi, per il legame con il territorio: “In Italia i nostri partner in questa categoria sono Fastweb, TIM, Aruba e Cineca, tutti attori che sono diventati partner nell’ultimo anno e mezzo nell’ambito di questa nuova strategia”.

Sempre nell’ultimo anno un altro cambiamento cruciale per i partner è stato l’accesso gratuito al 50% dei corsi di formazione Red Hat. “È una svolta epocale. Erano tutti corsi a pagamento. Parliamo anche di corsi propedeutici alle certificazioni. Pensiamo che i nostri partner debbano poter avere competenze sempre aggiornate, sono loro che hanno a che fare con i clienti ed erogano i servizi”.

I corsi resi gratuiti sono stati scelti per coprire nel modo più ampio possibile lo spettro di competenze necessarie: “Ovviamente non sono corsi molto verticali, l’obiettivo è permettere di erogare servizi basici su tutta la nostra piattaforma nei tre ambiti principali: automazione, Openshift e hybrid cloud”.

In arrivo un nuovo programma per ogni tipo di partner

Il percorso di introduzione dei cambiamenti nella gestione del canale, continua Giudici, è continuo, e in quest’ottica a marzo o aprile sarà presentato un vero e proprio nuovo Partner Program.

“L’idea è fare un programma ad hoc per ogni tipologia di partner: i CSP, i global system integrator, i solution provider, e gli ISV.

Rimarranno i tre livelli ready, advanced e premiere, ciascuno con i suoi accessi a scontistica, incentivi, benefit e risorse interne Red Hat. “Poi abbiamo fatto due programmi, uno sulla parte di containerizzazione, e uno su quella di automazione, che sono essenziali per essere partner advanced, si parla di forti sconti, rebate pensati ad hoc, deal di dimensione illimitata”.

Anche IBM ha appena presentato un nuovo Partner Program, ma non ci sono collegamenti tra le due cose. “Non c’è sovrapposizione tra i programmi, da questo punto di vista siamo davvero indipendenti. Al momento non ci sono attività formali congiunte sul canale, solo collaborazioni su opportunità di business che si creano, con IBM come anche con altri vendor”.

In Italia 40 partner seguiti direttamente, e altri 40 dai distributori

Per gestire il canale, Red Hat ha una struttura a livello Med (Mediterraneo) di cui Giudici è a capo, che comprende Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Israele, Cipro. “All’interno, per ogni sub-regione c’è un ecosystem leader, per l’Italia sono ancora io, e persone dedicate a ciascuna delle quattro macroaree”.

In Italia in particolare c’è una persona per la distribuzione, tre per i solution provider, due per i CSP, due per i GSI, mentre gli ISV sono seguiti da un team EMEA. E poi ci sono le attività di supporto e prevendita dedicate al canale. “In tutto in Italia ci sono una decina di persone che seguono una quarantina di partner, mentre circa altri quaranta vengono coordinati dai distributori”.

Infine gli obiettivi per il 2023. “In Italia vogliamo alzare ancora la percentuale di business via canale e mantenere il livello di channel fulfillment, che sono già a livelli molto alti, crescere in doppia cifra nel “net new business” del canale, che misuriamo tramite un meccanismo di registrazione dei deal che è il “termometro” della salute del canale. E che vede la Med Region, che comprende l’Italia, al primo posto, grazie soprattutto al lavoro sul midmarket”.

Midmarket che rimane rimane la sfida principale anche nel 2023, conclude Giudici: “Lo indirizzeremo anche attraverso un programma ad hoc per i partner che investono nel midmarket, che si chiama Commercial Focus Partner e che prevede una serie di incentivi, fondi dedicati, risorse e supporti”.

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Tableau, un bilancio di (quasi) due anni in Italia

Stefano Maio, country manager di Tableau in Italia
Il country manager Stefano Maio parla del ruolo di Tableau nelle strategie data-driven delle aziende, dell’ecosistema in Italia e della collaborazione con Salesforce

In ambito data analytics e data visualization, Tableau è una delle piattaforme più conosciute, da anni classificata da Gartner tra i leader mondiali del settore. Anche grazie all’accessibilità gratuita di una parte della piattaforma, la community di utenti – aziende, professionisti e semplici appassionati – è molto numerosa anche in Italia. Dove però la società Tableau, che dal 2019 è una business unit di Salesforce, è presente con una struttura diretta da meno di due anni (maggio 2021). Con Stefano Maio, country manager per l’Italia, abbiamo parlato dell’offerta e dell’ecosistema di Tableau nel nostro paese e dei risultati ottenuti finora.

“In questo momento così complicato, con tre crisi – economica, del lavoro, ambientale – che si intrecciano, le decisioni nelle aziende sono più difficili. Secondo Gartner, il 65% delle decisioni nelle aziende è più complesso di due anni fa. Per questo avere buoni dati a disposizione è ancora più un aiuto: migliori sono i dati, migliori le decisioni”, spiega Maio.

“Però c’è un gap, ben evidenziato da un’indagine di IDC: da una parte l’83% dei CEO vogliono organizzazioni più data driven, dall’altra solo il 25% di queste organizzazioni sono davvero data driven: nella realtà quotidiana i dati sono difficili da accedere, spesso non affidabili e non aggiornati, c’è un eccesso di data tool, e le data skill sono insufficienti”.

Come colmare questo gap?

Occorre una strategia che integri aspetti organizzativi, culturali e tecnologici. In ambito tecnologico in particolare serve una piattaforma unificata di automation, AI, analytics e data. Insomma, una enterprise analytics platform, che deve dare degli insight di valore, dove per Tableau “di valore” significa disponibili subito quando serve, nel flusso del proprio specifico lavoro, personalizzati per funzione, processo e ruolo, e “actionable”, cioè con suggerimenti su cosa fare, altrimenti torniamo alla BI di 30 anni fa.

Oltre alla piattaforma, un altro importante fattore per una strategia data driven di successo è una “data culture” con 3 componenti: forte sponsorship di top management e CEO, facilità dell’accesso a strumenti e dati per tutti, e affidabilità dei dati, supportata da tutte le funzioni aziendali. Trust per Tableau significa poter dare a ogni utente la possibilità di verificare che sta usando il dato giusto.

Come si inserisce tutto questo nell’offerta di Salesforce, che lavora sui dati del cliente?

Tableau è nato come strumento in grado di operare su tutti i tipi di dati. Non solo quelli dei clienti, ma anche quelle delle altre principali funzioni aziendali: sales, service, marketing, finance, HR. Salesforce ha acquisito Tableau con l’obiettivo di integrare l’ambito data analytics, e con l’annuncio di Genie dello scorso settembre, che ha permesso di rendere Salesforce Customer 360 una piattaforma di CRM real time, Tableau ha assunto il ruolo di “salesforce analytics”. Fornisce visibilità sul mondo customer, ma anche sui mondi supply chain, finance, hr, operations, che fanno capo a repository di dati diversi da quelli dei clienti. Insomma Tableau diventa per Salesforce un modo anche per uscire dal mondo CRM.

Quanto è approfondita la collaborazione con Salesforce a livello commerciale e di lead generation?

Ancora adesso i nostri processi in questi campi sono largamente indipendenti, anche perché se Salesforce vende il CRM, non è automatico che al cliente interessino anche gli analytics: magari li ha già, magari è più facile che si compri l’e-commerce che è un componente nativo di Customer 360. Tableau non lo è: per esempio è disponibile sia on-premise che in cloud, e a tutt’oggi in italia ci sono molti clienti con tutto il sistema Tableau on-premise. Da quest’anno però stiamo lavorando insieme a Salesforce a livello di leadership team, e di singole industry, e iniziano a nascere le prime opportunità commerciali da questo lavoro congiunto.

Tornando alle strategie data driven di successo, cosa fa Tableau per aiutare i clienti a realizzarle?

Mettiamo a disposizione vari strumenti, per esempio i Tableau Accelerator, sviluppati anche dai nostri partner: sono tutti gratuiti, catalogati per dipartimento, settore, ambiente applicativo e vari altri parametri sul sito Tableau Exchange.

E poi c’è l’ecosistema, con i partner di canale, e Tableau Public, sito pubblico fatto da una community di milioni di persone, che condividono visualizzazioni per fenomeni, settori, aziende, tra cui per esempio molti Data Journalist che utilizzano la piattaforma per diffondere informazioni e conoscenza. È anche un ottimo “terreno di caccia” di specialisti: molte aziende utenti e nostri partner ricercano talenti su Tableau Public.

Come è strutturata Tableau in Italia?

In Italia Tableau ha clienti da molti anni, ma ha aperto ufficialmente una struttura diretta circa 18 mesi fa: a fine gennaio si chiude il primo fiscal year completo. In così poco tempo, e in un mercato già molto maturo, siamo cresciuti velocemente: siamo già circa 20 persone, quasi tutti orientati alle vendite, con qualche solution engineer che fa prevendita e technical account manager per clienti premium. Abbiamo clienti in tutti i settori – banche, manifatturiero, retail, CPG, pubblico. Uno che posso citare è Unicredit, che ha iniziato a usare Tableau in ambito HR e ora sta allargando il raggio d’azione della soluzione.

Il numero di clienti in Italia è difficile da quantificare, perché Tableau ha anche una parte pubblica gratuita, utilizzata anche da aziende molto piccole, con pochissimi utenti. Possiamo parlare di qualche migliaio di clienti, di cui qualche centinaio sono aziende ed enti pubblici.

E la rete di partner?

I partner in Italia sono circa 40, di tipologie molto varie. Ci sono specialisti di nicchia come The Information Lab e Visualitics, che già vendevano in Italia partendo dall’estero prima che Tableau avesse una presenza diretta qui, e hanno strutture che fanno formazione su tableau anche agli altri partner. Poi ci sono partner “classici” del mondo analytics, grandi system integrator globali, partner tecnologici, e partner del mondo Salesforce, da cui ci aspettiamo una forte spinta, anche perché da quest’anno il nostro Partner Program è stato integrato in quello di Salesforce.

Per dare un’idea, all’evento italiano Tableau Datafest dello scorso maggio, che si è tenuto a Milano a Palazzo Mezzanotte, c’erano The Information Lab, Sopra Steria, Ecoh Media, Target Reply, Visualitics, Atlentic Technologies, e AWS come platinum sponsor, con il contributo di Accenture, PwC e Deloitte, e hanno portato la loro testimonianza Engie, Coop Alleanza 3.0, Trenord e Unicredit.

Cosa vi aspettate dal 2023?

Ci aspettiamo di crescere ancora: come ho detto le decisioni oggi sono ancora più difficili, ma proprio per questo nelle aziende e nei partner c’è interesse per soluzioni sofisticate di analytics.

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