I Mac aziendali hanno ancora bisogno di Windows?
Nel gennaio 2006, Apple ha compiuto un passo importante verso il successo nel mondo aziendale portando nei Mac i processori Intel. In questo modo, l’azienda ha aperto la strada ai Mac per l’esecuzione nativa di Windows e delle sue applicazioni. Inizialmente, questa possibilità è stata offerta dal sistema dual-boot di Apple chiamato Boot Camp, seguito da Parallels Desktop, un software che eseguiva Windows in un ambiente virtuale. In entrambi l’arrivo di Windows su Mac ha eliminato un ostacolo (la necessità di eseguire applicazioni non costruite per il sistema operativo del Mac) che aveva tenuto i computer di Apple fuori dalla maggior parte degli ambienti di lavoro.
Insieme al supporto di altri standard aziendali in termini di strumenti di rete e di comunicazione, ciò ha aperto la strada all’accettazione finale di Apple nelle aziende. Certo, anche il successivo avvento dell’iPhone è stato d’aiuto, ma tutto è nato con la possibilità di eseguire Windows su Mac in azienda.
15 anni dopo questa importante rivoluzione, Apple ha stravolto le carte in tavola passando ai propri chip basati su ARM. Boot Camp non è disponibile nei Mac basati sui SoC della serie M, ma la possibilità di eseguire Windows sul Mac esiste ancora grazie alla virtualizzazione. Microsoft raccomanda addirittura Parallels come soluzione ufficiale, insieme alla tecnologia Cloud PC, per le organizzazioni che hanno ancora bisogno di eseguire il sistema operativo Windows o le applicazioni Windows su un Mac. Tuttavia, la domanda, che ci sorge spontanea è: i Mac in ambito aziendale hanno ancora bisogno di questa possibilità?
In un mondo “mobile first, cloud first” (per prendere in prestito lo slogan di Microsoft di un tempo), in cui le aziende e i dipartimenti IT stanno cercando di adattarsi alle realtà post-Covid e in cui la maggior parte dei budget IT sono ridotti, è una domanda forse “eretica” ma che dovrebbe essere posta. La risposta, per molti, è no. Per moltissime aziende, ci troviamo infatti in un mondo in cui Windows è un optional e a volte le altre opzioni sono persino migliori.
Come siamo arrivati a questo punto?
Nell’affrontare questa domanda, è importante avere un senso di prospettiva. Stiamo parlando di un periodo di 15 anni in cui Windows era il centro dell’universo aziendale a uno in cui è diventato opzionale. In tutti questi anni sono successe molte cose e arrivare a questo punto ha comportato una serie di processi critici.
In gran parte è stato un prodotto Apple diverso a cambiare le regole. Un anno dopo il passaggio del Mac a Intel, Apple presentò l’iPhone e un anno dopo l’App Store. Due anni dopo, mentre la maggior parte del mondo si chiedeva quale impatto avrebbe avuto l’iPad, Apple ha presentato la sua piattaforma MDM. L’introduzione di Apple MDM è stata più significativa di quanto la maggior parte del mondo IT riconoscesse all’epoca e ne parleremo tra poco. Vediamo prima cosa è successo per quanto riguarda gli aspetti non tecnici dopo il 2007.
Nel 2008 l’iPhone ha fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro grazie a elementi come il 3G, i diversi operatori in tutto il mondo e l’App Store, diventando davvero rivoluzionario per il mondo del lavoro. Per la prima volta i dipendenti di quasi tutti i settori hanno avuto la possibilità di scegliere un dispositivo tecnologico da utilizzare al lavoro. Per quasi tutti i compiti c’è un’app adatta. Non potete usare la rete aziendale? Usate il vostro operatore mobile. Avete bisogno di trasferire i documenti di lavoro dal PC dell’ufficio allo smartphone in tasca? Usate un provider cloud o la cara vecchia email.
L’iPhone, con Android alle calcagna, ha fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro indipendentemente dal fatto che i reparti IT volessero supportarlo o meno. È stato il catalizzatore del mondo “mobile first” e della consumerizzazione dell’IT o, come la chiamiamo oggi, della trasformazione digitale.
Mentre l’iPhone stava cambiando il mondo sotto molti punti di vista, il cloud computing lo stava cambiando in un altro. L’avvento e l’ampia adozione di applicazioni SaaS e la mentalità “as a service” stavano distruggendo il mondo delle applicazioni e dei desktop Windows e sia i giganti della tecnologia, sia i nuovi operatori stavano capitalizzando questo cambiamento. Google, Dropbox, Slack e persino la stessa Microsoft ci hanno dimostrato che l’informatica aziendale può essere incredibilmente flessibile e che la maggior parte di essa può essere eseguita in un browser.
Un browser potrebbe non essere sempre l’ideale, ma ha sostituito Windows come linea di demarcazione per ciò che è assolutamente necessario per condurre un’attività lavorativa. Accanto al browser c’era l’App Store, che poteva offrire interfacce molto migliori di un browser per i servizi cloud. L’ascesa dell’informatica basata su browser, la rivoluzione mobile e il fatto che macOS e iOS siano due facce della stessa medaglia Apple hanno contribuito a creare una tempesta perfetta per gli sviluppatori e gli utenti per costruire un nuovo ecosistema aziendale.
La gestibilità dell’iPhone ha cambiato tutto
Poi c’è stato l’MDM di Apple. Introdotto nel 2010, il framework di gestione dei dispositivi iOS ha fornito all’IT un modo per gestire gli iPhone (e in seguito altri dispositivi Apple) sul posto di lavoro. Quando si parla di MDM, di solito si parla di dispositivi mobili (MDM sta infatti per Mobile Device Management), ma oggi gli stessi protocolli MDM che gestiscono iPhone e iPad gestiscono anche i Mac (e persino le Apple TV).
L’MDM non è stata la prima volta che Apple ha deciso di giocare a fianco dei PC in ambito IT, visto che già anni prima di passare ai processori Intel aveva offerto il supporto per la condivisione di file e rete di Windows, l’autenticazione Active Directory ed Exchange, ma l’MDM è stato un fattore chiave per l’affermazione di Apple nel mondo aziendale.
Con gli smartphone che hanno conquistato il mondo, era inevitabile che le persone portassero con sé i propri dispositivi. Apple se n’è accorta e si è messa in prima linea con un framework per proteggere, gestire e supportare questi dispositivi. Con lo stesso framework che copre sia macOS, sia iOS, l’azienda è riuscita a inserire il supporto e l’accettazione dei Mac accanto all’iPhone.
Come nota a margine, Apple ha anche introdotto (indirettamente) il supporto aziendale per i dispositivi Android e persino per i Chromebook. Mettendo a disposizione il suo framework MDM per l’utilizzo da parte di fornitori terzi dei propri servizi di gestione dei dispositivi mobili, l’azienda ha aperto la strada a piattaforme di gestione unificata degli endpoint (UEM) in grado di gestire dispositivi con Windows, macOS, Android, iOS, iPadOS, ChromeOS, Linux e altri ancora.
I fattori che hanno premiato i Mac in azienda
Tutti questi cambiamenti hanno portato le aziende a supportare il Mac e hanno contribuito a lanciare ad affermare la scelta dei dipendenti, grazie alla quale i lavoratori e i manager possono scegliere il dispositivo informatico con cui si sentono più a proprio agio e produttivi. All’inizio le aziende che hanno aderito a questa tendenza erano vere e proprie anomalie, ma quando anche grandi aziende come IBM hanno optato per questa scelta, l’idea ha iniziato a prendere piede e a diventare un punto di forza per i potenziali nuovi assunti, tanto che oggi i programmi di scelta per i dipendenti sono mainstream e dati quasi per scontati. Non offrire opzioni informatiche è infatti diventato un ostacolo per le aziende in cerca di talenti.
Anche il Covid e il passaggio al lavoro da remoto hanno avuto un impatto, sia incoraggiando i lavoratori a utilizzare tutto ciò di cui avevano bisogno per portare a termine il lavoro durante i periodi di lockdown prolungati, sia dando loro la possibilità di scegliere come lavorare: ufficio a casa, app preferite, smartphone personale, Mac o PC. C’è poi la questione dei costi. I sostenitori di Apple in azienda sostengono da tempo che i Mac fanno risparmiare nel lungo periodo nonostante il loro costo iniziale più elevato. I dati di IBM e di Forrester dimostrano e quantificano il fatto che i Mac fanno risparmiare, a volte in modo significativo, sui costi di assistenza.
Windows è necessario? Non più di tanto
Tutto ciò significa davvero che le aziende non hanno bisogno di Windows? Più no che sì. Ci saranno sempre delle eccezioni (e a volte si tratta di eccezioni importanti), ma la stragrande maggioranza delle attività aziendali non richiede più una piattaforma particolare. Qualsiasi dispositivo informatico presente sul mercato è in grado di svolgere il suo compito. Che si tratti di documenti Office, applicazioni di collaborazione, riunioni virtuali o altri software aziendali, ogni fornitore non ha solo una soluzione, ma diverse.
La spinta di Microsoft verso i servizi e i modelli informatici fluidi, in cui le informazioni spaziano tra applicazioni, luoghi, formati e dispositivi, dimostra che anche l’azienda che produce Windows sa di non essere l’unico attore sul mercato e sa anche che il paradigma è cambiato e che non si tornerà più indietro. Per mantenere la propria rilevanza, per non dire il proprio dominio, Microsoft deve giocare su tutti i fronti. E ciò che vale per Microsoft vale per tutti i fornitori di software.
Inoltre, oggi Microsoft non è nemmeno la scelta predefinita per il software aziendale e la collaborazione. Per ogni tecnologia aziendale chiave che offre, ci sono infatti opzioni concorrenti che funzionano altrettanto bene o meglio. Per Microsoft 365 c’è Google Workspace, per Teams ci sono Slack e Zoom, per Active Directory c’è Okta e per Intune basta scegliere uno tra i vari fornitori UEM. Tutti gli addetti ai lavori sanno che una delle regole più importanti del gioco è quella di supportare gli utenti aziendali su qualsiasi dispositivo scelgano.
Questo non significa che non ci sia bisogno di Windows o che non ci sarà mai una situazione in cui un utente Mac avrà bisogno di eseguire un’applicazione Windows. Molte aziende hanno ancora in corso programmi di trasformazione digitale e non tutte le applicazioni legacy (in particolare quelle per i clienti interni), i flussi di lavoro o le pratiche aziendali sono migrate da Windows. Ma se non lo hanno già fatto, probabilmente lo faranno in futuro. Anche le applicazioni più datate devono essere in grado di funzionare su PC recenti e c’è sempre un punto di svolta in cui ripartire da zero con strumenti moderni comincia ad avere la meglio sulle patch e sul supporto delle tecnologie più vecchie.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, i Mac devono essere in grado di eseguire Windows per essere vere macchine aziendali? La risposta che ci sentiamo di fare è no e nei casi isolati in cui la risposta è ancora sì, dovremo tornare sull’argomento tra uno, due o cinque anni per vedere se tale necessità sarà ancora presente.