Acquisti online: l’Italia è terzultima nell’Unione Europea
L’edizione 2017 del quadro di valutazione delle condizioni dei consumatori stilata dalla Commissione UE mette in luce che un numero sempre maggiore di consumatori dell’UE effettua acquisti online e che la loro fiducia nel commercio elettronico è aumentata, in particolare per quanto riguarda gli acquisti online da altri paesi dell’UE.
I commercianti al dettaglio, tuttavia, sono ancora restii a espandere le loro attività online e continuano a nutrire perplessità sulle vendite online a consumatori in altri paesi dell’UE. Tali perplessità sono legate principalmente al maggiore rischio di frode o di mancato pagamento nelle vendite transfrontaliere, alle diverse normative fiscali, alle differenze nei diritti contrattuali nazionali e nelle norme a tutela dei consumatori.
Il quadro di valutazione mostra che la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico è comunque aumentata. In dieci anni la percentuale di cittadini europei che acquistano online è infatti quasi raddoppiata, passando dal 29,7% nel 2007 al 55% nel 2017.
Benché siano stati compiuti molti progressi, il quadro di valutazione indica che i consumatori incontrano ancora ostacoli quando tentano di acquistare online da dettaglianti situati in un altro paese dell’UE. Ad esempio, il 13% degli intervistati ha dichiarato che il pagamento è stato loro rifiutato e il 10% ha dichiarato che è stata loro negata la consegna dei prodotti nel loro paese.
In Italia inoltre solo il 29% dei consumatori acquista online, cifra che pone il nostro Paese al 26esimo posto su scala europea, prima soltanto di Bulgaria e Romania. In testa alla classifica ci sono invece Regno Unito, Danimarca e Lussemburgo.
Per quanto riguarda la spesa online per abitante, nel 2015 l’Italia risultava in quart’ultima posizione seguita da Bulgaria, Ungheria e Romania. Per le vendite online da parte del business, l’Italia nel 2015 si è piazzata in quart’ultima posizione anche se questa pratica aumenta: nel 2009 le vendite online costituivano il 5% del totale, nel 2014 il 10%, nel 2015 l’11% a fronte di una media Ue rispettivamente di 14,9%, 19,4% e 20,4%.