La pubblicità mirata di Google passa per le mail
Si chiama Customer Match ed è un nuvo servizio che Google fornisce ai suoi inserzionisti. Questi potranno verificare se gli indirizzi e-mail forniti dai loro clienti in diversi modi (sottoscrizione di una carta fedeltà, offerte varie) corrispondono a un account Google. Ma esattamente perché a un inserzionista interessa sapere se un cliente ha un account in Google?
La risposta è molto semplice e anche un po’ preoccupante se pensiamo alle conseguenze a livello di privacy. I servizi più famosi e utilizzati di Mountain View, tra cui YouTube e Google Maps, forniscono infatti alle aziende informazioni molto preziose e da oggi in poi, sfruttando appunto Customer Match, le aziende affiliate ad AdWords potranno seguire le nostre tracce mentre navighiamo e raggiungerci con le loro pubblicità.
Oltre Customer Match, Google lancerà anche Similar Audiences, servizio che sarà in grado di generare indirizzari di profili che somigliano a quelli raccolti dall’inserzionista a partire dalle mail verificate su Google. In questo modo è possibile individuare un pubblico con preferenze e gusti simili, per ampliare il volume di clientela potenziale per l’azienda.
Un altro motivo di interesse verso gli account Google da parte delle aziende è l’enorme bacino di potenziali consumatori, visto che oggi gli utenti della grande G sono circa 900 milioni. Lo stesso concetto in fondo che ha già utilizzato Facebook per tracciare, tramite i Mi Piace, i nostri dati di navigazione e per personalizzare la pubblicità sul social network più frequentato al mondo.
Passando invece alle preoccupazioni per la privacy accennate prima, Google ha assicurato che gli indirizzi individuali resteranno anonimi e che i titolari degli account potranno avere un certo controllo sulle pubblicità, bloccando per esempio gli annunci di certi inserzionisti. Inoltre, sempre stando a queste rassicurazioni, gli inserzionisti non avranno accesso a tutte le informazioni sensibili che derivano dalle ricerche su Google. Sarà tutto vero o dobbiamo preoccuparci per quella che pare invece una nuova sfida alla nostra privacy.