Facebook lancia i canali broadcast: ma c’è da fidarsi?
Nelle scorse ore Meta, per voce del suo CEO Mark Zuckerberg, ha annunciato l’arrivo dei canali broadcast su Facebook e Messenger. Questi canali, già disponibili per Instagram (da febbraio) dove hanno riscosso un grande successo (i canali USA più popolari hanno milioni di membri), sono uno strumento di messaggistica pubblica per le Pagine su Facebook e sono l’ultima aggiunta alla serie di strumenti che gli amministratori delle Pagine, come i creatori e i personaggi pubblici, possono utilizzare per raggiungere direttamente e coinvolgere ulteriormente le loro comunità.
I canali broadcast, secondo Zuckerberg, offrono inoltre ai follower “un luogo in cui sentirsi ancora più connessi e approfondire le cose che contano di più per loro”. Gli amministratori delle Pagine possono utilizzare funzioni dei canali broadcast come i sondaggi per ottenere un feedback immediato dalla loro comunità, inviare foto o video dietro le quinte e utilizzare le note vocali per un’espressione più autentica.
Al momento Meta sta testando la possibilità per le Pagine di creare canali di broadcasting e prevede di attivare questa funzionalità nelle prossime settimane. Chiunque su Facebook può unirsi a questi canali broadcast per rimanere aggiornato sulle ultime novità delle proprie Pagine preferite.
Ma esattamente come funzionano i canali broadcast? Se gestite una Pagina su Facebook in un mercato in cui i canali broadcast sono già disponibili, potete avviare un canale direttamente dalla vostra Pagina; in caso contrario, potete iscrivervi alla lista d’attesa e riceverete una notifica quando la funzione sarà disponibile. Una volta creato il canale broadcast e inviato il primo messaggio, i follower della Pagina riceveranno una notifica unica per unirsi al canale. Solo il creatore del canale può inviare messaggi, mentre i membri del canale broadcast possono reagire ai messaggi e votare nei sondaggi.
Regole della community e filtri preventivi: non sono “corrispondenza”
Gli utenti possono iscriversi ai canali broadcast dal profilo della pagina su Facebook e vedere quelli a cui sono iscritti nell’elenco delle chat. Una volta iscritti al canale, gli utenti inizieranno a ricevere notifiche quando vengono pubblicati i contenuti. Le notifiche possono essere disattivate toccando l’icona “mute” nell’angolo in alto a destra della discussione del canale.
Meta afferma che i canali broadcast sono soggetti agli Standard della Comunità di Facebook e Messenger, in modo che gli utenti possano sentirsi sicuri di farne parte. Le persone possono segnalare sia un canale broadcast in sé, sia contenuti specifici condivisi nel canale, che potranno essere rimossi se contrari alle norme di Facebook.
Fino a qui, tutto ricorda molto da vicino i gruppi broadcast di WhatsApp, funzione “ispirata” ai canali Telegram, molto usati negli ultimi anni anche da organizzazioni governative e non per mandare aggiornamenti veloci anche in situazioni difficili, come il conflitto in Ucraina.
C’è però una importante differenza. Meta afferma che i canali broadcast sono esperienze di chat pubbliche e accessibili e vengono quindi trattati in modo diverso rispetto alla messaggistica privata su Facebook e Messenger. “Abbiamo strumenti e revisori che ci aiutano a identificare, rivedere e rimuovere i contenuti dei canali broadcast che potrebbero violare i nostri standard della comunità, spesso prima che qualcuno li veda”, si legge nell’annuncio di Meta.
C’è quindi un filtro sui contenuti a priori, che li rende diversi dalla messaggistica. Sono pensati come canale ufficiale per le aziende, e non come corrispondenza (messaggistica) per un gruppo o comunità, ambiti dove la comunicazione può anche avere toni meno ingessati.
Avevamo davvero bisogno di questa funzione in Facebook?
Ora, prima di avviare un’iniziativa di marketing basata sui canali broadcast di Facebook, converrebbe fermarsi un attimo e fare tesoro delle esperienze passate.
Fin dal 2007, Facebook ha già un servizio per permettere ad aziende, istituzioni e associazioni di comunicare con i proprio clienti, utenti, soci e fan. Si chiamano Pagine Facebook e sono la base per la presenza su Facebook delle persone giuridiche o personaggi pubblici. Pubblicando aggiornamenti sulla propria pagina, le aziende potevano raggiungere chi si era iscritto (aveva messo “Mi piace”) alla pagina.
Molte aziende hanno fatto importanti investimenti per far crescere la propria base di iscritti, acquistando pubblicità su Facebook ma anche facendo campagne su altri media. La promessa implicita era: più fan, più utenti da contattare con le proprie comunicazioni commerciali.
Non fosse che, attorno al 2013, aziende e agenzie hanno cominciato a notare che i post organici sulle Pagine erano visti da sempre meno persone, indipendentemente da quanto queste si dimostrassero interessate a quei contenuti. Un test condotto da Ignite social media ha mostrato un calo del 44% del reach (il numero di persone che visualizzano il messaggio) per ogni post, ma era solo l’inizio di una inesorabile diminuzione delle visualizzazioni dei post delle pagine. A oggi, solo l’1-2% degli utenti che hanno messo Mi piace a una pagina vedono i suoi messaggi in un mese.
La soluzione di Facebook per permettere alle aziende di contattare i suoi fan è facile e scontata, anche se non “in sconto”: acquista pubblicità per aumentare la visibilità dei tuoi post.
Ora, per permettere alle aziende di comunicare con i fan, sarebbe bastato aumentare il reach organico, o aggiungere un pulsante per attivare le notifiche come fa YouTube con i suoi creator. Ma si romperebbe il meccanismo pubblicitario.
Il dubbio, infine, è che tra qualche anno Facebook chieda alle aziende un obolo per l’invio di una notifica ai propri fan. Magari sopra una certa soglia giornaliera o mensile. Magari oltre un certo numero di destinatari. Magari per poter raggiungere più del 2% degli iscritti. Come ha fatto negli ultimi dieci anni con le Pagine.
Visti anche i continui cambiamenti peggiorativi dell’esperienza per gli utenti, ma anche per gli inserzionisti, come la sparizione di immagini e titoli nelle anteprime dei post nei link a siti editoriali o piattaforme social concorrenti, conviene pensare alla propria presenza social sulle grandi piattaforme come a un asset effimero, che oggi c’è e domani chissà.