TikTok, un rischio per l’Italia? Il Copasir ci vuole vedere chiaro
Sull’esempio di quanto successo negli Stati Uniti, anche in Italia si potrebbero profilare tempi molto duri per il social network TikTok. E a innescare la “bomba” potrebbe essere il Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), che con TikTok ha una sorta di conto aperto .
Oltreoceano, lo ricordiamo, il presidente Joe Biden ha vietato ai dipendenti pubblici di installare sui propri smartphone l’applicazione realizzata dalla cinese ByteDance perché potrebbe mettere a rischio la sicurezza nazionale.
Nel nostro Paese si potrebbe arrivare a qualcosa di simile. Infatti, il senatore Enrico Borghi, responsabile dem per le Politiche per la Sicurezza e membro del Copasir, ha dichiarato che “il fatto che gli Stati Uniti e gli apparati di sicurezza degli Usa abbiano aperto un’istruttoria formale nei confronti di TikTok non fa che confermare le preoccupazioni che già a suo tempo avevamo manifestato”. Borghi si riferisce a quando, nella scorsa legislatura, sotto la presidenza di Raffaele Volpi, il Copasir accese già un faro sul popolare social network.
Dietro l’angolo, un rischio “Cambridge Analytica”
Il Comitato starebbe perciò riflettendo sulla linea da seguire nei confronti dei rischi che può comportare l’uso di TikTok. “Noi abbiamo un rischio ‘Cambridge Analytica’ dietro l’angolo – ha sottolineato Borghi – e la conseguenza è che l’Italia deve al più presto recepire il Digital Services Act, l’accordo realizzato a livello europeo tra la Commissione europea e le principali piattaforme, finalizzato a introdurre norme per la tutela e garanzia degli utenti”.
Il senatore ha chiarito la sua affermazione osservando che “stiamo vivendo l’epoca del capitalismo della sorveglianza: una serie di piattaforme digitali, che utilizziamo quotidianamente, acquisiscono per finalità di varia natura i nostri dati, dalla posta elettronica, ai gusti sessuali delle persone fino alla geolocalizzazione: veniamo profilati”.
“Quando c’è un’attività così massiva di social network – ha proseguito – che fanno esplicito riferimento a Stati che mantengono una postura non conforme con il nostro ordinamento costituzionale, nel caso specifico la Cina, si apre un doppio problema. Il primo è un’estrazione di dati sensibili nella nostra popolazione, in particolare in quella più fragile e inconsapevole dei giovani e minorenni. Il secondo problema consiste in attività e campagne di disinformazione che possono essere condotte attraverso questo strumento e che da una parte fidelizzano gli utenti su logiche falsate e dall’altra condizionano, anche pesantemente, la nostra modalità di vita”.
Anche l’Europa esprime le sue perplessità
Le perplessità espresse da Borghi sono state confermate dalla vice presidente e commissaria UE per i Valori e la trasparenza Vera Jourova, la quale, dopo un incontro a Bruxelles con il Ceo di TikTok, Shou Zi Chew, ha scritto su Twitter: “Conto sul fatto che TikTok si impegni al massimo per rispettare le leggi dell’UE e riconquistare la fiducia delle autorità di regolamentazione europee. Non ci possono essere dubbi sul fatto che i dati degli utenti in Europa siano al sicuro e non siano esposti ad accessi illegali da parte di autorità di Paesi terzi”.
Inoltre, Jourova ha sottolineato come “sia importante che Tik Tok e altre piattaforme si preparino rapidamente alla conformità con il Digital Services Act e il Digital Markets Act. Sono impaziente di vedere la prima relazione del nuovo Codice anti-disinformazione entro la fine di gennaio. La trasparenza sarà un elemento chiave”.
Gli sforzi di TikTok per evitare “l’effetto Huawei”
Shou Zi Chew si trovava a Bruxelles proprio per scongiurare il rischio che anche in Europa si possa avere un divieto come quello posto dagli Stati Uniti, ma soprattutto che non si diffonda l’idea del pericolo per la sicurezza nazionale. Quanto accaduto a Huawei a fronte del ban degli USA del 2019 è un chiaro esempio dei danni che potrebbe subire ByteDance.
Per questo, Chew ha evidenziato gli sforzi che sta facendo TikTok per conformarsi al Gdpr e per creare un solido sistema per il trattamento dei dati degli europei all’interno del Vecchio Continente.
Riguardo alla disinformazione citata da Vera Jurova, Chew ha parlato dell’adesione di TikTok al Codice di condotta e ha anche evidenziato la decisione di attuare rapidamente le sanzioni previste dalla Ue nei confronti degli organi di propaganda russi. Infine, il Ceo del social network ha ammesso che figure statali non appartenenti all’Ue stanno cercando di manipolare i contenuti di TikTok per diffondere la disinformazione. Si è però impegnato in prima persona ad affrontare il problema.
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