Logistica 4.0 ed e-commerce: serve un nuovo piano nazionale

Logistica 4.0 ed e-commerce: serve un nuovo piano nazionale
Il boom dell’e-commerce ha impattato moltissimo sulla logistica, con rischi per la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Durante il convegno Il trasporto degli alimenti tra logistica e e–commerce organizzato dall’OITA (Osservatorio Interdisciplinare Trasporto Alimenti) a Roma, è stato presentato il Quaderno 26 sulla logistica ai tempi dell’e-Commerce.

L’e–commerce è un fenomeno rivoluzionario per la logistica. Mentre le informazioni su offerta e acquisto viaggiano in rete, i prodotti acquistati devono spostarsi fisicamente, coinvolgendo tutti gli operatori della catena logistica dall’organizzazione della spedizione a quella dei magazzini, del trasporto e dei corrieri per la consegna finale.

Tutte operazioni che vanno a impattarsi con la sostenibilità ambientale, economica e sociale del Paese. Il Quaderno offre così qualche spunto verso la sostenibilità, dalla predisposizione di un piano nazionale di punti Click & Collect (armadi elettronici, esercizi commerciali o uffici postali che prendono in consegna i pacchi), alla regolamentazione degli accessi nei centri urbani, creazione di un maggior numero di piazzole di sosta con stalli prenotabili dai corrieri, incentivi all’utilizzo di veicoli a basso impatto ambientale e uso delle tecnologie. E, non ultimo, chiarire all’opinione pubblica che la consegna non può essere considerata gratuita.

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Una catena che deve essere il più corta possibile e certificata in termini di eccellenza di qualità, legalità. Le 10 proposte scaturite da questo Quaderno, redatto con il supporto di moltissimi esperti del settore, tentano di dare alla logistica 4.0 una risposta correttiva, applicabile nel breve e medio periodo.

L’Italia è il fanalino di coda in Europa nella diffusione dei lockers e punti di ritiro. A fronte di 120 milioni di pacchi e–Commerce (pari a circa 2 per abitante), il nostro Paese dispone di soli 11.271 punti Click & Collect, di cui 10.706 Collect Point e 565 Locker. A questi si aggiungono 12.800 uffici postali, un terzo rispetto alla Germania e al Regno Unito e meno della metà rispetto alla Francia.

La spedizione a casa resta in Italia la modalità più utilizzata (circa l’84% delle spedizioni), seguita dal recapito nel luogo di lavoro o a un altro indirizzo (anche nel caso di acquisti per conto di terzi o regali). Secondo una recentissima indagine di Poste Italiane, tra i luoghi proposti per poter accedere ai servizi di spedizione quello che suscita maggior interesse sono i lockers, box⁄chioschi automatici (in generale, citati dal 44% degli intervistati) e i punti di ritiro (31%). Un’organizzazione simile aiuterebbe a ottimizzare i flussi logistici, impattando positivamente sui costi dei corrieri e sull’impatto ambientale nelle città.

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Lo stress economico legato a consegne sempre più rapide e low cost sta inoltre producendo gravi conseguenze a livello sociale e lavorativo. Per limitare questo peso, non è sufficiente accorciare la catena degli appalti, ma occorre certificare ogni anno il versamento dei contributi attraverso una maggiore trasparenza e visibilità, accessibile anche al lavoratore, dei dati relativi alla regolarità contributiva delle aziende.

Sarebbe opportuno riaprire il tavolo della legalità e concertare le modalità per il rilascio di un apposito bollino alle aziende che operano nel settore che tenga conto di parametri di qualità, tra cui la sostenibilità dei veicoli, ma anche della regolarità fiscale, amministrativa e contributiva.

Sarebbe infine utile prevedere un coordinamento nazionale con regole standard per le politiche di accesso ai centri urbani e regole ad hoc per consentire acquisti e consegne anche nelle zone bassa domanda. Sviluppare un sistema di accreditamento centralizzato nazionale ed interoperabile per tutte le Ztl, eventualmente su più classi con diversi requisiti, per i veicoli e per le aziende che svolgono consegne di e–commerce.

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E-commerce italiano: crescita del 17% e valore di 23,6 miliardi di euro

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Nel 2017 il valore dell’e-commerce italiano ha sfiorato i 24 miliardi di euro e la crescita anno su anno dell’intero settore è stata del 17%.

Il valore dell’e-commerce italiano ha raggiunto nel 2017 i 23,6 miliardi di euro, con un incremento del 17% rispetto al 2016. Gli acquisti online di prodotti (pari a 12,2 miliardi) crescono del 28% e superano per la prima volta quelli dei servizi (+7%, 11,4 miliardi).

Il turismo si conferma primo settore (9,2 miliardi, +7%) seguito da Informatica ed elettronica di consumo (4 miliardi, +28%) e abbigliamento (2,5 miliardi, +28%). Tra i settori emergenti i più importanti sono arredamento e home living e Food&Grocery che insieme valgono quasi 1,8 miliardi di euro. Questo lo scenario del mercato del commercio elettronico presentato dall’Osservatorio eCommerce B2c promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm.

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“Sono dati certamente incoraggianti anche se ancora non sufficienti a dichiarare maturo e dinamico il settore nel nostro Paese, dove i modelli di business stanno cambiando rapidamente e facilitando nuovi entranti. L’approccio spesso sperimentale e poco convinto all’e-commerce di molti operatori tradizionali italiani, è la conseguenza del fatto che essi non abbiano dedicato né il giusto impegno né le loro migliori risorse a un progetto strategico che, invece, sta diventando il vero motore delle economie avanzate e attirando sempre più investimenti e capitale” ha dichiarato Roberto Liscia, Presidente Netcomm.

Nel 2017 un terzo degli acquisti e-commerce si è concluso attraverso smartphone o tablet. L’incidenza di questi device è quintuplicata nel giro di 5 anni; nel 2013 la somma di tablet e smartphone valeva infatti solo il 6%. Ancora più significativa la crescita dello smartphone: il suo contributo è passato infatti dal 4% nel 2013 al 25% nel 2017. In valore assoluto, gli acquisti e-commerce da smartphone superano, nel 2017, i 5,8 miliardi di euro, con una crescita del +65% rispetto al 2016.

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Nel 2017 i web shopper italiani sono 22 milioni e crescono del 10% rispetto al 2016. Tra questi, gli acquirenti abituali sono 16,2 milioni e generano il 93% della domanda totale e-commerce, spendendo online in un anno, mediamente, 1.357 euro ciascuno. Gli acquirenti sporadici sono invece 5,8 milioni, generano il restante 7% della domanda eCommerce e spendono mediamente 284 euro all’anno.

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