Google si trova ad affrontare una sfida senza precedenti nel panorama antitrust statunitense. In seguito a una sentenza storica che ha dichiarato la grande G colpevole di aver costruito un monopolio illegale nel settore delle ricerche online, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha presentato una serie di proposte radicali per smantellare il dominio dell’azienda.

Al centro di queste proposte c’è la possibilità di chiedere a un giudice di obbligare Google a cedere parti significative del suo impero tecnologico. Tra gli asset potenzialmente interessati figurano il browser Chrome e il sistema operativo Android, considerati strumenti chiave nel mantenimento della posizione dominante di Google nel mercato delle ricerche online, dove l’azienda gestisce il 90% delle ricerche negli Stati Uniti.

Le motivazioni dietro queste misure drastiche sono chiare: il Dipartimento di Giustizia mira non solo a porre fine al controllo attuale di Google sulla distribuzione, ma anche a impedire che l’azienda possa dominare le future tecnologie emergenti. In particolare, le autorità sono preoccupate che il vantaggio di Google possa estendersi al settore in rapida crescita dell’intelligenza artificiale.

Un altro punto cruciale delle proposte riguarda la pratica di Google di pagare ingenti somme (26,3 miliardi di dollari nel 2021) ad aziende come Apple e altri produttori di dispositivi per garantire che il suo motore di ricerca rimanga l’opzione predefinita su smartphone e browser. Il Dipartimento di Giustizia potrebbe chiedere la cessazione di questi accordi, che hanno contribuito a mantenere salda la quota di mercato di Google.

Antitrust Google

Per contrastare il potenziale dominio di Google nell’intelligenza artificiale, le autorità stanno anche considerando di richiedere all’azienda di rendere disponibili ai concorrenti gli indici, i dati e i modelli utilizzati per le funzionalità di ricerca e di ricerca assistita dall’IA. Inoltre, si sta valutando la possibilità di limitare gli accordi che impediscono ad altri concorrenti nel campo dell’IA di accedere ai contenuti web e di permettere ai siti web di scegliere di non far utilizzare i loro contenuti per l’addestramento dei modelli di IA di Google.

La reazione di Google a queste proposte è stata di forte opposizione. L’azienda le ha definite “radicali” e ha sostenuto che vanno ben oltre le specifiche questioni legali del caso. Google ha affermato di aver conquistato gli utenti grazie alla qualità del suo motore di ricerca e ha sottolineato di affrontare una forte concorrenza da parte di Amazon e altri siti.

Questo caso si inserisce in un contesto più ampio di pressione legale su Google e altre grandi aziende tecnologiche. Recentemente, un giudice ha ordinato a Google di aprire il suo app store Play a una maggiore concorrenza, ma l’azienda sta anche combattendo un caso separato del Dipartimento di Giustizia che mira a smantellare il suo business pubblicitario sul web.

Le proposte del Dipartimento di Giustizia hanno trovato ovviamente sostegno tra i concorrenti più piccoli di Google, come Yelp e DuckDuckGo, che vedono in queste misure un’opportunità per livellare il campo di gioco nel settore delle ricerche online.

Il prossimo passo vedrà il Dipartimento di Giustizia presentare una proposta più dettagliata al tribunale entro il 20 novembre, con Google che avrà la possibilità di proporre le proprie contromisure entro il 20 dicembre. Mentre negli Stati Uniti si prospettano azioni drastiche, in Europa la situazione sembra evolversi più lentamente. Nonostante le pressioni, è infatti improbabile che l’autorità antitrust dell’UE ordini lo smembramento di Google prima della fine del mandato dell’attuale responsabile, Margrethe Vestager, a causa della complessità del caso.