Il partito “Fratelli d’Italia” ha presentato un emendamento alla Legge di Bilancio 2025 che, se approvato, introdurrebbe una sorta di tassa del 10% per chi utilizza le connessioni basate su reti in rame, e costituirebbe con i relativi proventi un fondo da elargire agli operatori di settore per incentivare il passaggio alle connessioni in fibra.

In questi giorni la proposta è stata severamente criticata da AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), che l’ha definita “irragionevole, distorsiva e lesiva per i consumatori” e da Fedeconsumatori, che parla di “emendamento inaccettabile”.

Nel dettaglio, l’emendamento 76.07, presentato dal deputato Fabio Carmine Raimondo di FdI, richiede che a partire dal 1° gennaio 2025 per tutti i servizi in rame in corso di erogazione venga applicato un incremento dei prezzi pari al 10 percento del valore complessivo: “Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge […] è istituito un fondo per lo switch off alimentato con i proventi di cui al precedente comma 11, al fine di contribuire al sostenimento degli oneri di tutti gli operatori per la migrazione degli utenti verso le reti a banda ultra larga ad altissima capacità”.

Le severe critiche all’emendamento da parte di AIIP censurano sia lo switch-off a tappe forzate della rete in rame entro termini predeterminati, con l’imposta cessazione dei relativi servizi, sia l’incremento per legge del 10% sui prezzi dei servizi in rame a partire da gennaio.

Uno switch off del genere, spiega AIIP, sarebbe introdotto senza una reale analisi di fattibilità, ignorando la cronica carenza di manodopera specializzata che frena già da anni la realizzazione delle infrastrutture, tenendo in considerazione la scarsa capacità di delivery sulle reti FTTH oggi disponibili.

In altre parole, molti consumatori e imprese italiane usano le connessioni in rame non perché hanno scelto di ignorare la fibra, ma perché non hanno possibilità di accedervi.

Inoltre la proposta di FdI, continua AIIP, non considera i casi d’uso critici dei servizi in rame, come i backup d’emergenza per imprese e Pubbliche Amministrazioni rispetto a servizi in fibra già rilasciati.

E infine non ha un’adeguata valutazione dei costi e degli impatti operativi sugli operatori, che rischiano di vedere compromesse pianificazioni industriali e commerciali già significativamente gravate dalla scelta di anticipare il raggiungimento degli obiettivi del Digital Compass dal 2030 al 2026.

Quanto all’aumento del 10%, oltre a creare incertezze applicative, si legge nel comunicato, appare come una nuova imposta indiretta a carico di consumatori e imprese, specie nelle aree meno servite, con il rischio di comprimere ulteriormente i margini degli operatori.

“L’Italia ha bisogno di una transizione tecnologica sostenibile e razionale. Interventi affrettati, non ponderati e dirigistici rischiano di generare più danni che benefici, minando la fiducia degli operatori e rallentando gli investimenti in infrastrutture di qualità”, dichiara nella nota il Presidente di AIIP Giovanni Zorzoni.

Quanto a Fedeconsumatori, il suo comunicato definisce la proposta di emendamento come un’accelerazione alla procedura di decommisioning già avviata, che prevede la cessazione della rete in rame entro il 2028 e il completamento totale dello switch off alla fibra entro il 2030.

A questo proposito, ricordiamo che in Italia sono in corso tre diversi piani di copertura per portare una connessione in fibra (FTTH) o comunque ad alta velocità alle abitazioni dei cittadini e alle sedi delle imprese:

– Piano BUL, pensato per le “aree bianche” (zone a fallimento di mercato). La rete viene realizzata da OpenFiber con fondi statali.

– Piano Italia a 1 Giga, per portare almeno a 1 GB/s le zone che già dispongono di una buona connessione.

– Coperture Private, portate avanti da operatori che investono nella copertura FTTH di una determinata zona perché la ritiene remunerativa.

Cliccando su questo link del Ministero delle Imprese e Made in Italy, è possibile sapere in quale area di copertura si trova la propria sede o abitazione.

“Se da un lato si può cogliere un tentativo di accelerare il processo di miglioramento ed efficientamento della rete dei servizi digitali del nostro Paese”, si legge nella nota di Federconsumatori, “dall’altro non si possono assolutamente trascurare i risvolti negativi per i consumatori, sui quali questa scelta improvvisata riverserà gli immancabili disservizi legati a una sostituzione affrettata e l’aumento notevole dei costi per gli abbonamenti ai servizi di telefonia e dati”.

Se passasse l’emendamento, “che trasuda di finalità propagandistiche in nome dell’efficientismo governativo”, continua la nota, “graverebbe ulteriormente sulle tasche degli incolpevoli utenti, chiamati a coprire con gli aumenti dei canoni d’abbonamento alla rete fissa i maggiori investimenti imposti agli operatori”.

Ma soprattutto, “il provvedimento non tiene minimamente conto della reale situazione del Paese, in cui sono ancora molte le zone prive di connettività a banda larga, cosa non rimediabile in tempi brevi, che si tradurrà inesorabilmente in considerevoli disagi per milioni di utenze interessate, oltre ai possibili disservizi anche per le zone coperte”.

Federconsumatori pertanto ritiene l’iniziativa “insostenibile e totalmente svantaggiosa per i consumatori” e pertanto chiede al Governo di provvedere allo stralcio dell’emendamento.