Industria 4.0 in Italia vale 3,2 miliardi: è l’ora del “fattore umano”
Il mercato Industria 4.0 in Italia nel 2018 ha addirittura accelerato la crescita, salita al 35% rispetto al 30% dell’anno prima, raggiungendo un valore di 3,2 miliardi di euro, a cui si aggiungono 700 milioni di indotto.
Sono i principali dati dell’edizione 2019 dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, presentata il 20 giugno. I 3,2 miliardi rappresentano il valore delle soluzioni (progetti, tecnologie e servizi) vendute da fornitori con una sede in Italia e basate sulle 6 aree tecnologiche che secondo l’Osservatorio definiscono Industria 4.0: Industrial IoT (Internet of Things), Industrial Analytics, Cloud Manufacturing, Advanced Automation, Advanced HMI (Human Machine Interface), e Additive Manufacturing. L’82% di questi 3,2 miliardi è realizzata in Italia, il resto è export. L’indotto, quasi raddoppiato rispetto ai 400 milioni del 2017, deriva da attività “tradizionali” (revisione di processi, aggiornamenti di infrastrutture, ecc.) entro progetti di digitalizzazione Industria 4.0.
La sensazione in quest’ultimo anno era che alcuni elementi (la “hype” sui media e nei convegni ormai passata, le incertezze del governo sulla conferma degli incentivi e sulla normativa, il rallentamento dell’economia) potessero aver rallentato la corsa di Industria 4.0 in Italia. Invece i dati dell’Osservatorio mostrano decise crescite degli investimenti in tecnologia, in uno scenario di solida convinzione delle imprese manifatturiere, e di passaggio di molte di esse a una seconda fase della strategia Industria 4.0, dopo aver constatato i benefici della prima ondata di progetti, realizzati nel 2017 e fatturati appunto nel 2018.
La priorità a questo punto è “umanizzare” Industria 4.0, che oltre agli investimenti tecnologici richiede profondi cambiamenti nell’organizzazione, nei processi, e a livello individuale nelle competenze e nei compiti dei singoli operatori, ha detto Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio. “Per questo l’edizione di quest’anno si chiama “La rivoluzione si fa con le persone”, e ha un nuovo capitolo dedicato al fattore umano: vogliamo capire a che punto sono le imprese italiane nell’adeguamento di competenze e organizzazione al modello Industria 4.0”.
L’Industrial IoT vale il 60% del mercato
Scendendo in dettaglio sulle sei tecnologie di Industria 4.0, le tre più “informatiche” dominano il mercato: l’Industrial IoT con un valore di 1,9 miliardi di euro ne rappresenta da sola il 60%, e registra la crescita più marcata (+40%), seguita da Industrial Analytics, con 530 milioni (+30%), e Cloud Manufacturing con 270 milioni (+35%). Le tre aree più “operational” rappresentano solo il 15% del mercato: l’Advanced Automation vale 160 milioni e cresce del 10%, l’Additive Manufacturing (segmento rilevato per la prima volta dall’Osservatorio) 70 milioni, e l’Advanced HMI ha il valore minore tra le sei tecnologie (45 milioni) ma è quella che cresce di più (+50%).
Infine ci sono le attività di consulenza e formazione legate a progetti Industria 4.0, che valgono 220 milioni di euro e crescono del 10%: un dato che l’Osservatorio definisce inferiore alle aspettative, “a evidenziare come ci sia ancora molto da fare sul fronte delle competenze”.
Per l’80% delle imprese Industria 4.0 è una rivoluzione
I ricercatori hanno poi approfondito sul campo il “sentiment” del manifatturiero italiano con un’indagine su 192 imprese (153 grandi aziende e 39 PMI): l’80% ritiene Industria 4.0 una rivoluzione che porterà cambiamenti radicali con grandi potenzialità ancora da esprimere, e solo il 20% ne esclude la portata rivoluzionaria, considerandola solo un’evoluzione di trend precedenti.
Le applicazioni Industria 4.0 censite sono quasi 800, in media oltre 4 progetti per azienda: il 42% è nell’area Smart Factory (produzione, logistica, manutenzione, qualità, sicurezza e compliance), il 33% nell’area Smart Lifecycle (sviluppo prodotto, gestione del ciclo di vita e gestione dei fornitori), e il 25% nell’area Smart Supply Chain (pianificazione dei flussi fisici e finanziari).
I principali benefici indicati per i progetti attivi da oltre un anno sono miglior flessibilità di produzione (47%), aumento dell’efficienza dell’impianto (38%), riduzione dei tempi di progettazione (34%) e opportunità di sviluppare prodotti innovativi (33%). Gli ostacoli più sentiti sono le complessità di tecnologie e standard (59%), i problemi organizzativi e di gestione delle competenze (41%), le difficoltà di change management (20%) e l’insoddisfazione per l’offerta (17%).
Quanto agli investimenti futuri, nei prossimi due anni si indirizzeranno su Industrial IoT (48%), Industrial Analytics (39%) e Advanced Automation (33%), mentre con orizzonte a 3-5 anni le priorità più diffuse sono Advanced Automation, Cloud e Additive Manufacturing, ma non ancora Intelligenza Artificiale e Blockchain, su cui investiranno in modo significativo solo alcune grandi aziende.
HR e operatori poco coinvolti
Tornando al “fattore umano” di Industria 4.0, come ha spiegato Raffaella Cagliano, Professore Ordinario di People Management & Organization del Politecnico di Milano, “Industria 4.0 porta benefici complessivi solo se è progettata considerando da subito tecnologie, processi, ma anche organizzazione e persone, cioè il “sistema sociale” in cui la tecnologia viene immersa: se si parte dalla tecnologia e si pensa al sistema sociale solo in un secondo tempo non funziona”.
Dall’indagine già citata però emerge che le aziende sono attente ai cambiamenti di processo e di flusso (54% del campione), a quelli nelle attività e modalità di lavoro del personale (45%) e alle competenze tecniche (43%), ma meno del 20% si è concentrato sull’impatto su ruoli, competenze gestionali e relazionali, e comportamenti attesi.
Inoltre spicca la scarsa partecipazione della funzione HR e degli stessi operatori, le componenti chiave della dimensione sociale di Industria 4.0. La prima è coinvolta in tutte le fasi del progetto in meno del 7% dei casi, nel 27% è solo informata dell’avvio, nel 23,4% non ha ruolo in nessuna attività. Quanto agli operatori, addirittura in quasi 3 casi su 4 non sono neanche informati della strategia 4.0, nel 7,8% sono coinvolti in tutte le fasi del progetto, nel 25% dei casi non hanno nessun ruolo. “Insomma i dati mostrano che nella realtà poche imprese stanno affrontando la rivoluzione 4.0 con un approccio sistemico che comprende sia le tecnologie che il modello organizzativo”, sottolinea Cagliano.
Il 57% all’opera per adeguare le competenze
Passando al tema fondamentale delle competenze, l’Osservatorio ha definito una tassonomia di oltre 100 competenze tecniche e manageriali per industria 4.0, ma non esistono per ora definizioni quadro condivise a livello europeo. Dall’indagine emerge che il 57% delle imprese si è attivata per individuare le carenze di competenze 4.0 e avviare le azioni per colmarle. Circa 3 su 10 le giudicano adeguate e altrettante stanno lavorando per migliorarle. La decisione di valutare le competenze parte da imprenditori e top manager (74%) e dai responsabili dei progetti 4.0 (44%). Gli HR manager entrano in gioco solo nella fase di implementazione, confermando il loro ruolo secondario nel percorso di trasformazione 4.0.
L’analisi delle competenze (61% dei casi) e la formazione (75%) sono affidate soprattutto a risorse interne. Le collaborazioni esterne più comuni per la ricerca di competenze sono con università, centri di innovazione, ITS, che il 50% delle aziende giudica efficaci. Fra le competenze più cercate ci sono quelle nelle aree smart factory e smart supply chain, nonché l’innovazione di strategia e modello di business abilitata da Industria 4.0.
“Il bello deve ancora venire”
Chiudiamo con le considerazioni finali di Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0. “Vediamo tanti segnali positivi, come il consolidamento delle piattaforme di Industrial IoT, su cui è sempre più facile sviluppare, l’uso del dato raccolto in modo sempre più integrato su diversi ambienti applicativi in azienda, l’aumento degli specialisti capaci di fare scelte architetturali e di interoperabilità. E qualche elemento critico, come l’eccesso di enfasi sull’AI e sui data scientist. Per il 2019 ci aspettiamo un rallentamento della crescita al 20-25%, fisiologico dopo 4 anni di forte crescita, e viste le incertezze sulla politica economica. Industria 4.0 comunque, tre anni dopo il piano Calenda, si conferma un mercato florido, e il bello deve ancora venire: prepariamoci a una seconda ondata di progetti che rinsalderà l’integrazione tra tecnologie informative e operational”.