Expo, la smart city che c’è ma non si vede
Nel febbraio del 2012 si parlava moltissimo di Expo. Sulla kermesse internazionale non c’erano ombre di scandali o corruzione, a parte le insinuazioni di qualche malfidente, frettolosamente derubricate ad attacco politico privo di fondamento. In un’atmosfera di festa, i partner che avevano maggiormente investito nell’iniziativa sfoggiavano i progetti innovativi che avrebbero visto la luce tre anni dopo.
In particolare, molti ricorderanno un filmato di grande effetto che aveva come protagonista Mary, una visitatrice virtuale, guidata nell’evento da enormi pannelli interattivi, capaci di riconoscerla attraverso il suo smartphone e di proporle contenuti e informazioni ad hoc. Il tutto integrato in un sistema in grado di offrire visite virtuali, monitoraggio della salute dei visitatori, realtà aumentata e uso diffuso della telepresenza. Insomma, uno spaccato di futuro che tre anni fa sembrava ancora più rivoluzionario.
Dopo aver visitato Expo è oggettivamente difficile rimanerne delusi, sia per l’impatto visivo delle realizzazioni architettoniche che per i contenuti tecnologici, ma riguardando gli annunci di tre anni fa è evidente come alcune delle innovazioni promesse siano rimaste quantomeno relegate all’interno dei padiglioni. Del resto tra quegli annunci e la realtà odierna ci sono le ben note turbolenze che hanno minato la strada dell’organizzazione dell’evento, costringendo gli operatori a completare la realizzazione in tempi molto inferiori a quanto inizialmente pianificato.
quanto è stato realizzato è molto più di quello che appare evidente al visitatore