Cisco e Commvault puntano su nuove architetture di recupero e archiviazione

Cisco e Commvault puntano su nuove architetture di recupero e archiviazione
Commvault e Cisco lanciano una soluzione di facile acquisto, testata e pre-ottimizzata per semplificare le operazioni di backup, recovery e archiviazione.

Commvault ha lanciato nei giorni scorsi nuove architetture assieme a Cisco per fornire a clienti e partner una soluzione di facile acquisto, pre-ottimizzata e testata per semplificare protezione e recovery dei dati usando il software di Commvault installato su infrastruttura Cisco Unified Computing System (Cisco UCS). Commvault ha anche annunciato il supporto nel sistema iperconvergente HyperFlex di Cisco per aiutare le aziende a proteggere applicazioni e workload di dati su infrastrutture virtuali e nel cloud.

Grazie a queste nuove Reference Architecture, che forniscono una serie di linee guida e metodologie di best delivery per installazioni tecnologiche particolari all’interno di un catalogo di servizi IT, i clienti possono ora sfruttare una soluzione all-in-one con una piattaforma unificata di backup, recovery e archiviazione, in grado di abbattere il costo totale di possesso e dotata della flessibilità per poter scalare da terabyte a petabyte.

In questo modo, i clienti possono eliminare i costi e l’impegno legati all’installazione di diverse appliance single-purpose, con un’infrastruttura dati moderna in grado di portare al business informazioni utili e valore, e di mantenersi al passo con le necessità legate alla crescita attuale dei dati.

“Abbiamo riscosso un ottimo successo usando il software Commvault assieme a Cisco UCS e all’infrastruttura Nimble, per trasformare i nostri dati in un asset strategico significativo per la nostra organizzazione” spiega Matloob Hussain, ICT Infrastructure Engineer di Xentrall ICT Services. “Dal rollout originario, siamo passati all’undicesima versione della piattaforma dati di Commvault, che ci ha permesso di ridurre decisamente i tempi di backup e di raggiungere velocità di richiamo degli archivi comparabili con quelle per accedere ai file non archiviati, per il nostro intero ambiente di lavoro.”

i clienti possono sfruttare una soluzione all-in-one con una piattaforma unificata di backup, recovery e archiviazione

Oltre al lancio delle Reference Architecture per Cisco, Commvault ha annunciato supporto a Cisco HyperFlex, il sistema iperconvergente dell’azienda che combina capacità di elaborazione, storage e networking su una piattaforma di facile utilizzo costruita su infrastruttura Cisco UCS. I vantaggi per i clienti sono essenzialmente tre.

Da un lato il software Commvault riconosce e classifica le nuove VM e le aggiunge alle policy di backup adeguate; può anche identificare automaticamente VM inattive e archiviarle in modo sicuro per recuperare risorse di valore alla produzione. Un motore di workflow integrato consente una maggiore automazione su specifiche dell’amministratore.

Si può inoltre effettuare un load balancing automatico su più server di backup per offrire un’esperienza scale-out moderna a datacenter in crescita. La deduplicazione end-to-end riduce in modo significativo traffico di rete e spazio storage, in modo da mantenere i dati gestiti compatti ed efficienti.

Infine, grazie all’integrazione del software Commvault con le API di VMware, i responsabili storage possono evitare di installare agenti su ogni VM, riducendone quindi la loro presenza. Grazie a policy di backup che possono essere basate su metadati VMware e a uno snap-in per VSphere, il carico di gestione viene alleggerito. Opzioni di restore per l’intera VM o per i singoli file permettono di risparmiare tempo e offrono opzioni flessibili di ripristino per rispondere a ogni esigenza individuale.

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Il costo medio per affrontare un attacco cyber? 4 milioni di dollari

Il nuovo report di IBM e Ponemon sui costi legati a brecce di sicurezza nelle aziende delinea uno scenario preoccupante per costi e tempi di risposta.

IBM e Ponemon hanno pubblicato il consueto report annuale sui costi derivanti dalle falle di sicurezza, prendendo in esame aziende di tutto il mondo e non solo quelle statunitensi. Studi di questo genere infatti si concentrano di solito solo sugli USA, dove le brecce nei sistemi informativi devono essere comunicate per legge alle autorità. Anche in Europa, sempre se saranno rispettate le nuove direttive in materia, arriveremo a una situazione simile a quella statunitense, ma per ora le cifre che circolano di solito sulle conseguenze degli attacchi cyber si riferiscono quasi esclusivamente alle aziende americane.

Lo studio, scaricabile da qui nella sua interezza dopo essersi registrati, ha messo in luce un aumento del 29% nel 2015 sul 2013 quando si parla di costo medio delle falle di sicurezza, che lo scorso anno ha raggiunto una media di 4 milioni di dollari. Nel 2015 il numero di violazioni di sicurezza è aumentato addirittura del 64% rispetto al 2014, con un costo medio per un singolo report rubato di 158 dollari. Una media che però deve fare i conti con comparti dove il furto di informazioni sensibili ha ben altra gravità rispetto ad altri settori. In ambito sanitario ad esempio questo costo medio raddoppia e raggiunge i 355 dollari.

più i tempi si allungano, più i costi legati ai danni subiti e alla ripresa delle attività aumentano

IBM e Ponemon hanno individuato la causa principale di questo aumento di costi nella scarsa capacità che hanno le aziende nel reagire a un attacco e alla sottrazione di dati. Molto spesso infatti manca del tutto un piano di emergenza e, senza una disposizione ben precisa da seguire, diventa molto difficile far fronte a una violazione di sicurezza in tempi brevi; inoltre, più questi si allungano, più i costi legati ai danni subiti e alla ripresa delle attività aumentano.

La studio stima infatti che identificare un attacco entro i primi 100 giorni da quando è avvenuto porti in media a un costo per l’azienda di 3,23 milioni di dollari (senza però contare la spesa per contenere la breccia), mentre se si supera questa soglia il costo può aumentare fino a oltre 4,3 milioni di dollari. Mediamente le aziende coinvolte nel report hanno impiegato più di 200 giorni per identificare la violazione subita, più altre 70 giorni per eliminarla completamente. Se invece l’azienda ha al suo interno un piano ben definito di Business Continuity Management, il risparmio in termini di tempo può essere notevole; in casi come questi infatti l’identificazione dell’attacco avviene in media dopo 52 giorni, con altri 36 giorni necessari a contenerlo.

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