Creata per combattere lo streaming illegale di eventi sportivi, la piattaforma italiana Piracy Shield ha colpito addirittura Google. La sera di sabato 19 ottobre, una segnalazione anonima al sistema dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha infatti causato il blocco di una content delivery network (CDN) di Google situata nel nodo di Milano.

Le ripercussioni di questo blocco hanno coinvolto servizi come Google Drive e YouTube, che però non hanno alcun legame con la trasmissione pirata di eventi sportivi. Questo incidente dimostra ancora una volta i limiti della piattaforma e l’effetto indiscriminato che può avere anche su servizi legittimi.

Il blocco è stato causato dall’oscuramento dell’indirizzo “drive.usercontent.google.com”, un dominio critico per il funzionamento di Google Drive. Secondo alcune analisi, dalle 18:56 di sabato, il traffico relativo a questo dominio è stato interrotto, rendendo impossibile accedere ai file su Google Drive. Le conseguenze hanno colpito non solo i singoli utenti, ma anche aziende, scuole e università che si affidano ai servizi di Google Workspace.

Il problema ha iniziato a emergere quando gli utenti, cercando di connettersi, hanno riscontrato difficoltà di accesso, come confermato dal sito Downdetector, che monitora i disservizi delle principali piattaforme online. Anche YouTube e Google Foto sono stati colpiti dal blocco, evidenziando la portata dell’errore.

Il caso solleva ovviamente interrogativi su come una piattaforma nazionale antipirateria possa aver oscurato una CDN di Google, soprattutto considerando che Google stessa ha collaborato con Agcom in passato per contrastare la pirateria online.

Secondo la normativa introdotta dalla legge 93 del luglio 2023, quando una segnalazione viene caricata su Piracy Shield, i fornitori di servizi Internet (ISP) sono obbligati a bloccare i siti indicati entro 30 minuti. In teoria, una whitelist di risorse da non bloccare dovrebbe impedire errori come quello che ha colpito Google, ma come riportato da Wired questa lista, composta da 11.000 elementi, sembra non includere alcuni dei domini chiave di Google. Dopo il blocco, i principali ISP italiani, come TIM e Wind3, hanno agito per rimuovere l’indirizzo dalla lista dei siti bloccati, ma ci sono volute ore perché il servizio tornasse completamente operativo.

piracy shield

Google non ha ancora deciso se presentare ricorso, mentre Agcom non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’accaduto. Chi invece non ha tardato a farsi sentire è stata Codacons, che in un comunicato ufficiale ha scritto: Quanto accaduto nella serata del 19 ottobre è gravissimo e rappresenta un precedente pericoloso a danno di una platea enorme di soggetti. Le misure di contrasto all’ illegalità non possono portare a incidenti come quello che ha interessato Google Drive, un servizio usato da una moltitudine di soggetti (utenti, aziende e professionisti), anche per motivi di studio e lavoro, e che ieri è rimasto bloccato per ore causando proteste e disagi. Per tale motivo presenteremo domani un esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché apra una indagine sul caso volta ad accertare possibili fattispecie penalmente rilevanti e le relative responsabilità, valutando al contempo il sequestro del sistema Piracy Shield se non in grado di scremare adeguatamente i siti da bloccare nell’ ambito della lotta alla pirateria, poiché una tale circostanza rappresenterebbe una soluzione immensamente più grave del problema”.

Anche l’Associazione Italiana Internet Provider è stata molto critica, facendo presente tra l’altro che se Google è riuscita a togliere il blocco dopo 6 ore, operatori più piccoli sono stati ignorati e magari bloccati per molti mesi, sottolineando come questo doppio standard sia deprecabile. 

Questo incidente non è tra l’altro un caso isolato. Altri siti, che condividono domini con quelli accusati di streaming illegale, sono stati bloccati senza preavviso, con la possibilità di perdere la finestra di tempo per presentare ricorso. Ciò riflette un problema di fondo nella progettazione di Piracy Shield, piattaforma sviluppata dalla società SP Tech per la Lega Serie A e concessa ad Agcom, che non sembra adeguata per gestire la complessità dell’infrastruttura web moderna.

Di recente, alcuni emendamenti al disegno di legge omnibus hanno ulteriormente esteso i poteri di Piracy Shield, consentendo alla piattaforma di bloccare indirizzi IP anche quando l’attività illecita è “prevalente”, e non solo “univoca”. Tuttavia, dopo questo incidente che ha coinvolto Google, è possibile che si riveda la normativa per evitare ulteriori errori di questo tipo.