Big data e aziende italiane: servono più investimenti
Oltre un terzo delle grandi imprese italiane (il 37%) prevede nei prossimi 3 anni di aumentare almeno del 50% le risorse finanziarie e umane e finanziarie dedicate ai big data, anche se il principale strumento digitale utilizzato dai clienti nel rapporto con le aziende rimane il tradizionale sito internet (51%). Seguono, con il 25%, l’utilizzo del mobile/smartphone e i social media con il 12%. Ancora poco diffuso invece l’uso di chat-bot, che si ferma al 5%.
È il quadro che emerge dall’indagine condotta dall’Istituto per la Competitività I-Com per il report Verso l’Isola del tesoro. Le rotte dei consumatori tra protezione e mercato e la mappa della regolazione, presentato ieri a Roma con la collaborazione di Anigas, Autostrade per l’Italia, BNL, E.ON, Google, Sorgenia e Utilitalia.
Alla luce della rivoluzione digitale in atto, I-Com ha condotto lo studio coinvolgendo alcune delle principali imprese italiane che operano nei mercati retail. Nello specifico, sono state interpellate 42 aziende (per il 74% si tratta di grandi imprese) attive in diversi settori industriali: assicurazioni, banche, carburanti, commercio e GDO, energia elettrica e gas, ICT e Internet, poste, servizi Idrici, Tlc e media e trasporti.
Stando ai dati di I-Com, per le imprese le maggiori criticità da risolvere per favorire il decollo del canale digitale sono innanzitutto le inerzie culturali e le resistenze al cambiamento (78%). A seguire, il costo di sviluppo e di gestione degli strumenti digitali (41%). Le aziende coinvolte nella survey incentivano il cliente a rilasciare maggiori dati, soprattutto garantendo servizi aggiuntivi rispetto all’offerta base (61%) o attraverso fidelity card (41%). Le informazioni ottenute vengono poi utilizzate soprattutto ai fini di profilazione del cliente e sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
Il 59% delle imprese si dice favorevole all’adozione di sistemi di intelligenza artificiale, nonostante il 46% del campione del campione non abbia attualmente in funzione alcun dispositivo di IA. Il 33%, al contrario, fa utilizzo di chat-bot. Il 37% degli intervistati vede nel customer care la funzione aziendale che più si presta ad essere integrata o sostituita da dispositivi di intelligenza artificiale e il 38% immagina che entro tre anni i sistemi di IA possano svolgere alcuni lavori nella propria azienda.
Esistono, tuttavia, diverse preoccupazioni rispetto all’intelligenza artificiale: il 22% del campione di imprese, ad esempio, ha timori per il regime di responsabilità civile e penale e il 19% per la protezione dei dati personali, oltre che per le questioni di natura etica (17%).