Il mondo degli sviluppatori di videogiochi in rivolta contro Unity
Il Unity Game Engine (o più semplicemente Unity), nato quasi vent’anni fa con lo scopo di “democratizzare lo sviluppo di videogiochi”, è uno dei motori gaming più diffusi al mondo ed è ormai sinonimo di videogioco indipendente. Sono tantissimi infatti i piccoli (ma anche medi) studi di sviluppo che lo utilizzano grazie al suo modello di abbonamento che prevede opzioni di licenza gratuite e a pagamento. La licenza gratuita è destinata all’uso personale o alle piccole aziende che generano meno di 200.000 dollari all’anno e si capisce bene perché Unity abbia incontrato così tanta fortuna presso gli sviluppatori più piccoli, impossibilitati a pagare costose licenze per altri motori di gioco.
La settimana scorsa è però successo un “fattaccio” che sta facendo discutere ancora adesso (e lo farà per ancora molto tempo). Il 12 settembre Unity Technologies ha infatti annunciato delle modifiche al modello di licenza di Unity che entreranno in vigore a partire da gennaio 2024. In base a questo Unity Runtime Fee, gli sviluppatori che utilizzano Unity saranno soggetti a una tassa mensile di 0,20 dollari per ogni singola installazione del loro gioco su PC, console o device mobile se raggiungono determinate soglie di ricavi e di installazioni.
Le soglie da superare per far scattare questa “balzello” sono di 200.000 installazioni in 12 mesi o di 200.000 dollari di ricavi per chi ha sottoscritto le licenze Unity Personal o Unity Plus, mentre raggiungono il milione di installazioni e il milione di dollari di ricavi per chi ha sottoscritto una licenza Pro o Enterprise. Ciò significa che se uno studio di sviluppo indipendente pubblicasse un gioco gratuito che viene installato un milione di volte, dovrebbe pagare 200.000 dollari a Unity a fronte di nessun ricavo.
Un aggravio del tutto improvviso che rischia seriamente di far fallire tantissimi piccoli studi di sviluppo e che, come era prevedibile, ha portato a reazioni molto forti proprio da parte degli sviluppatori, con in più la beffa di un possibile caso di insider trading, visto che che alcuni dei massimi dirigenti di Unity hanno venduto le azioni della compagnia in loro possesso (da 2000 a 37.5000 a seconda dei casi) pochi giorni prima di annunciare questa tassa, consci molto probabilmente del vespaio e delle ripercussioni in borsa che la decisione avrebbe scatenato.
Ma non è finita qui. In nome della trasparenza, Unity aveva infatti dichiarato di tenere traccia di tutte le modifiche ai termini di servizio su GitHub, ma qualche settimana fa ha cancellato l’archivio delle modifiche alla licenza d’uso per caricarne una nuova dove era sparita la clausola che permetteva di utilizzare vecchie versioni di Unity senza dover sottostare a eventuali aggiornamenti dei termini di servizio. Dal canto suo l’azienda si è impegnata ad affrontare la situazione annunciando novità per domani 19 settembre, ma sembra che un dietrofront sulla nuova tassa non sia tra le opzioni considerate. Qualcosa ha già fatto, nel senso che non verranno conteggiate seconde installazioni sullo stesso dispositivo, non verranno conteggiati i bundle di beneficenza né le copie pirata e che, con servizi in abbonamento come GamePass, dovrà pagare chi fornisce il servizio (Microsoft in questo caso).
Precisazioni che però non sono servite a nulla, tanto che tre giorni fa un gruppo di sviluppatori ha deciso di intraprendere un’azione collettiva contro Unity Technologies e la sua tassa. Finché l’azienda non rivedrà pesantemente l’intero sistema, questi sviluppatori rimuoveranno i servizi pubblicitari della compagnia dai loro giochi, ossia ironSource e Unity Ads, andando così a colpire direttamente la compagnia guidata da John Riccitiello.
Le reazioni degli sviluppatori e partner, ma anche dei dipendenti, sono state in altri casi così violente che l’azienda ha recentemente cancellato una riunione generale e ha coinvolto la polizia di San Francisco per una minaccia ricevuta da un dipendente, che la ha portata a chiudere i suoi uffici. Insomma, un vero e proprio terremoto nel mondo dei videogiochi del quale non si vedono per ora sbocchi positivi né per gli sviluppatori, né per Unity Technologies, la cui situazione agli occhi della comunità di sviluppatori sembra ormai compromessa qualsiasi sarà la conclusione della vicenda.