Meta Quest Pro tra compromessi tecnologici e casi d’uso poco chiari
Il nuovo visore VR Meta Quest Pro annunciato ieri da Meta è un tentativo da ben 1800 euro per capire quali esperienze le persone vogliono (e vorranno) nella realtà virtuale. Solo pochi mesi dopo che Meta (il nuovo nome commerciale di Facebook) ha aumentato il prezzo del suo visore VR consumer (Meta Quest 2), la società guidata da Mark Zuckerberg ha presentato questa nuova versione più potente che costituirà la base per una nuova gamma di prodotti premium. Un miglioramento chiave portato da Meta Quest Pro sono i nuovi controller, che ora possono determinare la loro posizione nello spazio in modo completamente indipendente dal visore e possono anche essere utilizzati come una sorta di stilo-pennino virtuale.
Il problema del Quest Pro è che i dirigenti di Meta non sembrano sapere cosa farsene davvero. Lo hanno descritto come una sorta di esperimento, lavorando con sviluppatori e appassionati per capire cosa funziona e cosa no. La differenza è che Meta spera che le aziende adottino Meta Quest Pro più o meno allo stesso modo in cui Microsoft è passata dal mercato consumer a quello professionale con HoloLens 2. Ma questo scenario è davvero plausibile considerando come non ci sia poi tutta questa voglia di vivere nel metaverso?
Meta Quest Pro è basato su compromessi
Il fatto è che Meta Quest Pro è più pesante e più potente di Meta Quest 2, con meno batteria e meno pixel, ma al tempo stesso con una migliore capacità di rendering e campo visivo. Un’insolita combinazione di compromessi per un dispositivo premium che costa quasi quattro volte tanto il suo più economico predecessore.
All’interno di Quest Pro troviamo un SoC Qualcomm Snapdragon XR2+, più potente dello Snapdragon XR integrato in Meta Quest 2, ma la durata della batteria del nuovo visore scende da 2-3 ore a 1-2 ore. I 12 GB di RAM e i 256 GB di memoria SSD sono il doppio di quanto offerto da Quest 2, rispetto al quale però la risoluzione è diminuita. Se infatti il modello precedente offre 1.832×1.920 pixel per occhio, Quest Pro scende a 1.800×1.920 pixel per occhio, anche se fornisce il 37% in più di pixel per pollice rispetto a Quest 2. Secondo Meta inoltre una serie di tecnologie e nuovi componenti del nuovo visore aumentano del 25% la nitidezza al centro dell’immagine e del 50% ai lati, ma anche il contrasto è più elevato rispetto a quello di Quest 2.
Quest Pro raggiunge quasi il massimo alla frequenza di aggiornamento standard del settore a 90 Hz rispetto ai 120Hz raggiunti da Quest 2 con alcuni videogiochi, ma il campo visivo è aumentato a 106 gradi orizzontale/96 gradi verticale, contro gli 89 gradi orizzontale/93 gradi verticale del Quest 2. Un campo visivo più ampio si traduce in una maggiore immersione, elemento fondamentale quando si parla di realtà virtuale. Infine, Meta Quest Pro pesa 722 grammi contro i 503 grammi di Quest 2 e anche se il peso è distribuito diversamente, gli oltre 200 grammi in più si faranno inevitabilmente sentire nell’utilizzo prolungato.
Cosa distingue Meta Quest Pro
Al di là dei numeri, però, spiccano tre nuove importanti funzionalità. I nuovi controller utilizzano tre telecamere indipendenti, montate all’interno dei controller stessi, per determinare istantaneamente (come già accennato poco sopra) dove si trovano nello spazio e comunicare queste informazioni al visore tramite il tracciamento del controller SLAM (Quest Pro utilizza sia Bluetooth 5.2, sia Wi-Fi 6E per il trasferimento dati). Ogni controller include un pulsante menu, una levetta, due pulsanti aggiuntivi per il controllo e grilletti sia per il pollice, sia per l’indice.
Il risultato sono sensori periferici molto più precisi di quelli visti a bordo di Quest 2. I singoli grilletti possono essere programmati per “afferrare” gli oggetti e piccoli sensori tattili nei controller stessi comunicano feedback sul fatto che abbiate “afferrato” l’oggetto in questione. La precisione migliorata si traduce anche nella possibilità di “scrivere” note in VR in modo abbastanza preciso usando il piccolo pennino integrato .
L’altra novità è la realtà mista a colori. Quest Pro include infatti dieci sensori MR/AR, con cinque puntati sul viso e altri cinque puntati sul mondo che vi circonda. Ciò consente sia il tracciamento delle mani senza la necessità di controller, sia di “vedere” il mondo intorno a voi (e con l’aggiunta dei colori al posto del bianco e nero di Quest 2) con il visore indossato tramite la funzione passthrough delle telecamere.
Gli sviluppatori possono anche definire “regioni” nello spazio virtuale per mostrare la realtà mista rispetto alla realtà virtuale. “Le camere ad alta risoluzione di Meta Quest Pro rivolte verso l’esterno hanno 4 volte il numero di pixel di quelle di Quest 2, consentendo al visore di ricreare l’ambiente intorno a voi in VR con maggiore fedeltà”, si legge nel comunicato stampa di Meta.
Le telecamere rivolte verso l’utente hanno invece un’altra funzione. Tracciano 72 diversi elementi del vostro viso e li comunicano a chiunque interagisca con voi; il risultato finale consente a Meta di rappresentare in modo più accurato il vostro volto, dai movimenti degli occhi al sorriso fino ai denti e alle guance. Il tracciamento oculare e le espressioni facciali sono disattivati per impostazione predefinita per preservare la privacy, ma Meta spera chiaramente che li abiliterete per rendere la vostra esperienza virtuale più simile alle interazioni del mondo reale.
Al di là di questo, però, Meta sembra un po’ indecisa su come spingere Quest Pro. Ci sono 400 app AR sull’app store di Meta che funzionano su Quest 2 e che ora funzioneranno anche su Quest Pro; Meta spera che gli utenti le utilizzeranno in ambito professionale e, tra queste app, spiccano sicuramente Horizon Worlds (il metaverso di Meta). la sua variante specifica per il lavoro (Workspaces), una versione ottimizzata di Adobe Acrobat e altro ancora. Ma quali app rimarranno da qui a un anno o più, nemmeno Meta stessa sembra saperlo, anche perché i suoi stessi dipendenti non sembrano avere tutta questa fretta e voglia di utilizzare Horizon Worlds.