DreamWorks mantiene la produzione in linea grazie ad AIOps

DreamWorks
Una combinazione di pianificazione della continuità aziendale, analisi predittiva e un'architettura cloud multi-tenant ha consentito a DreamWorks Animation di continuare a produrre film senza perdere un colpo.

DreamWorks Animation è per molti versi un produttore di dati digitali. I film che realizza comprendono infatti più terabyte di dati, creati da team di artisti che lavorano con sofisticati strumenti di animazione digitale in una complessa pipeline di dati. Quando la pandemia COVID-19 ha colpito gli USA, la produzione di DreamWorks è stata in grado di continuare grazie alla pianificazione della continuità aziendale, all’analisi dei dati e a un’architettura cloud multi-tenant.

“Potete guardare ai nostri film come dati, tramite uno streamer o un proiettore digitale in un cinema” afferma Skottie Miller, vice presidente dell’architettura della piattaforma e dei servizi di DreamWorks. “Con il nostro ambiente multi-tenant, quando è arrivata la pandemia cosa è cambiato davvero per noi? Operiamo ancora come un cloud multi-tenant e abbiamo ancora i nostri dati nella sede principale di Glendale”.

DreamWorks ha distribuito il suo ultimo film, Trolls World Tour, all’inizio di aprile solo in versione digitale su diverse piattaforme di contenuti video on-demand, poiché gran parte degli Stati Uniti stava per andare in lockdown. Il film ha richiesto 1.200 TB di spazio di archiviazione e i team creativi hanno gestito e utilizzato 500 milioni di file digitali mentre lavoravano al progetto. DreamWorks avvia la produzione di film con requisiti simili all’incirca ogni 4-6 mesi e il loro completamento richiede solitamente dai 2,5 ai 3 anni.

L’IT di DreamWorks esegue tutte le normali funzioni del caso, come il supporto delle risorse umane, la gestione dei sistemi e così via, ma la sua responsabilità più importante è supportare l’impianto di produzione digitale. Gli artisti di DreamWorks utilizzano infatti strumenti software sofisticati, molti dei quali sono stati creati dalla società stessa o, in alcuni casi, acquistati da fornitori e modificati pesantemente.

Gli artisti usano questi strumenti per creare dati. Tutti questi dati vengono inseriti in una pipeline di big data per aiutare DreamWorks a eseguire analisi predittive utilizzando AIOps, una tendenza emergente in cui, grazie alla tecnologia NetApp Active IQ, l’intelligenza artificiale e il machine learning vengono utilizzati per automatizzare il monitoraggio e la mitigazione dei problemi operativi.

“È un ambiente molto complesso e dinamico”, afferma Jeff Wike, CTO di DreamWorks. “Quando l’infrastruttura o gli strumenti non funzionano correttamente o non funzionano bene, ciò ha un impatto diretto sulla capacità della nostra attività di funzionare. C’è una correlazione diretta tra la tecnologia e la nostra capacità di fare film”.

DreamWorks non è estranea alla pianificazione della continuità aziendale. Con la sua sede a Glendale, in California, i terremoti e gli incendi sono infatti, se non all’ordine del giorno, eventi piuttosto frequenti (soprattutto gli incendi). “Abbiamo sempre guardato a come distribuiamo i nostri dati, a come distribuiamo la nostra elaborazione di calcolo, a come facciamo in modo che se succede qualcosa, le persone possano continuare a lavorare”, continua Wike.

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La gestione dei dati ha svolto un ruolo chiave nel preparare DreamWorks a queste evenienze. Quando la compagnia è stata fondata 25 anni fa, ogni artista aveva un set di dati sulla propria postazione di lavoro. Producevano lì i loro lavori e i dati passavano all’artista successivo nel flusso di lavoro. I dati erano molto isolati, fino a quando l’azienda non è passata a cluster di archiviazione condivisi ad alte prestazioni.

Per aumentare l’agilità e supportare la collaborazione tra artisti, DreamWorks ha adottato un ambiente cloud multi-tenant e desktop virtuali per rendere la workstation e il flusso di lavoro di ogni artista accessibile ovunque all’interno dello studio. Man mano che l’ambiente diventava più complesso, l’importanza del monitoraggio cresceva. Alcuni anni fa, l’IT ha intrapreso un’importante ristrutturazione dello studio che includeva la strumentazione di tutto il suo codice. Il monitoraggio doveva mostrare esattamente cosa stava accadendo nell’ambiente in ogni momento.

Gli analytics e l’automazione erano importanti tanto quanto il monitoraggio stesso. Come altri produttori che cercano di eseguire la manutenzione predittiva sulle proprie apparecchiature prima che la produzione si interrompa a causa di tempi di inattività non pianificati, DreamWorks, ad esempio, deve immediatamente notare che un particolare servizio o file sta subendo un’elevata latenza in modo che i tecnici possano lavorare sull’applicazione e modificare il modo in cui questa accede ai dati prima che influisca sull’esperienza dell’utente finale. “L’obiettivo per noi è che gli ingegneri inventino il futuro, non che monitorino una rete o un sistema di archiviazione.”

L’importanza di AIOps

È qui che entra in gioco AIOps. DreamWorks utilizza NetApp per eseguire transazioni sintetiche che replicano i flussi di lavoro degli artisti per stabilire una linea di base e quindi gli algoritmi di machine learning cercano anomalie e forniscono avvisi. Ad esempio, dice Wike, se si decide di aver bisogno di 150.000 persone animate in una scena di folla e si vuole renderizzare tutto in una volta, ciò potrebbe impattare negativamente sulle performance. Il compito dell’IT, quindi, è soddisfare tali esigenze e apportare modifiche all’ambiente di produzione per mantenere costanti le prestazioni.

“Non vogliamo che gli artisti si accorgano che la performance di qualcosa è cambiata”, dice Miller. “Vogliamo che la nostra transazione sintetica e il nostro framework di monitoraggio ci avvisino prima che gli artisti si accorgano che qualcosa sta andando nella  direzione sbagliata. In passato, quando c’era un problema, forse un ingegnere lo notava perché lo stava cercando, o forse il sistema inviava un avviso e un ingegnere andava a indagare”, aggiunge Miller. “Ora un problema emerge quasi sempre con una raccomandazione e, in molti casi, una soluzione prima che l’ingegnere sia coinvolto nella sua ricerca. Tutto questo ci consente di far funzionare il supporto 24×7, con molti meno interventi umani al sistema”.

Creazione di continuità, collaborazione, monitoraggio e analisi dei dati: il tutto combinato per consentire allo studio di passare quasi senza problemi a un ambiente di lavoro da casa quando si è reso necessario. A parte alcuni flussi di lavoro con elevate dipendenze dalle risorse dello studio in sede, Miller afferma che quasi tutti i dipendenti sono stati in grado di passare al lavoro da casa come se fossero in ufficio. “Gli analytics ci hanno davvero permesso di mettere a punto il nostro ambiente quasi dall’oggi al domani. Siamo stati operativi in un paio di giorni e i nostri film sono tutti in fase di lavorazione”, conclude Miller.

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Riconoscimento facciale: una nuova sfida per la privacy?

riconoscimento facciale
L’uso del riconoscimento facciale è ancora in via di perfezionamento, ma esistono già delle preoccupazioni riguardanti i potenziali errori di identificazione, l’uso indebito di dati e la privacy degli utenti.

La tecnologia di riconoscimento facciale, in inglese anche conosciuta con la sigla FRT (facial recognition technology), sta lentamente entrando nelle nostre vite attraverso i dispositivi di ultima generazione: dalla semplice convalida di sicurezza di uno smartphone al check-in in aeroporto. Tramite la scansione dei tratti facciali unici, il software biometrico è in grado di identificare in modo univoco e verificare l’identità di una persona analizzando le caratteristiche distintive del volto e confrontandole con informazioni ed immagini già archiviate.

L’immagine, una volta acquisita ed analizzata, viene convertita in un codice numerico chiamato faceprint (impronta facciale). Questo codice rappresenta la conformazione unica del volto, in modo analogo all’impronta digitale di un polpastrello. Il codice verrà poi confrontato con quelli presenti in un database di faceprint. Questa base di dati contiene i codici e le foto con cui confrontare i nuovi volti analizzati.

Un esempio di un database enorme e in costante espansione è quello delle foto di Facebook; tutte le foto taggate con il nome di una persona vengono infatti salvate nel database di FB. Le tecnologie di riconoscimento facciale cercano una corrispondenza tra l’immagine codificata e le voci del database disponibile. Quando ne viene trovata una, viene visualizzata la foto insieme ai dati sulla persona, come nome e indirizzo.

L’uso di questa tecnologia è ancora in via di perfezionamento, oltre a dover ancora essere tutelato in toto dalla legge. Infatti, pur se in diversi settori il riconoscimento facciale è già una realtà, esistono delle preoccupazioni riguardanti i potenziali errori di identificazione, l’uso indebito di dati e la privacy degli utenti

In Italia, il riconoscimento facciale non è ancora molto utilizzato, a parte alcuni timidi tentativi di introduzione nella pubblica amministrazione, ma con scarsi risultati dovuti alle imprecisioni del rilevamento. Purtroppo, però, dal punto di vista legislativo l’Italia è il Paese europeo meno preparato alla salvaguardia della privacy nell’uso dei sistemi di sorveglianza biometrica.

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Così come è previsto in altri Paesi, anche in Italia non è possibile revocare il proprio consenso all’utilizzo di questi sistemi con i propri dati biometrici, trattandosi di normative a livello europeo e nazionale, almeno per quanto riguarda i sistemi pubblici. Ad esempio, il sistema utilizzato dalla polizia italiana (SARI) non prevede l’opzione da parte del cittadino di essere escluso dal database, in modo analogo a come non è possibile richiedere la rimozione di foto segnaletiche e altri dati identificativi in possesso delle forze dell’ordine o della pubblica amministrazione.

È possibile però limitare l’esposizione alla raccolta dati e immagini da parte di aziende private. Le immagini spesso sono fornite inconsciamente dagli stessi utenti in quanto tramite la condivisione delle proprie foto su piattaforme social regalano dati (biometrici e non) alle grandi aziende di social media e marketing digitale come Facebook. I dati personali invece possono essere protetti tramite la VPN che limitano il volume di dati raccolti dalle aziende quando navigate.

L’identificazione di una persona online non passa solo dai tratti del viso o dalle impronte digitali, ma anche e soprattutto dai suoi interessi, dati demografici, abitudini di acquisto. Queste informazioni vengono utilizzate ogni giorno per creare profili con cui veniamo analizzati, raggruppati in segmenti e infine trasformati in bersagli per la pubblicità.

Nei prossimi anni l’Italia e l’Europa dovranno dotarsi certamente di strumenti giuridici specifici per la salvaguardia della privacy dei dati biometrici e l’utilizzo corretto dei sistemi di riconoscimento facciale in ambito pubblico e privato. In futuro continueremo a sentir parlare del riconoscimento facciale e dei problemi a livello di privacy dei nuovi sistemi di sicurezza nazionali.

La battaglia sulle questioni etiche continuerà per lungo tempo, almeno finché il miglioramento delle tecnologie non porterà a meno errori di identificazione e, soprattutto, fino a quando anche l’Italia e l’Europa non si doteranno di strumenti giuridici specifici per la salvaguardia della privacy dei dati biometrici e l’utilizzo corretto dei sistemi di riconoscimento facciale in ambito pubblico e privato.

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