Il Garante Privacy “sospende” ChatGPT: poca chiarezza sull’uso dei dati personali

Il Garante Privacy “sospende” ChatGPT: poca chiarezza sull’uso dei dati personali
Informativa non conforme, mancanza di motivazione giuridica del trattamento, diffusione di dati errati nelle conversazioni e nessun controllo sui minori: OpenAi, che nel frattempo ha bloocato l'accesso agli italiani, ha 20 giorni di tempo per chiarire come intende ottemperare alle disposizioni

Il Garante della Privacy ha disposto a OpenAI, azienda produttrice di ChatGPT, una limitazione provvisoria del trattamento dei dati personali dei cittadini italiani.

Tra le principali motivazioni del provvedimento ci sono:

  • la mancanza di una informativa sulla gestione dei dati personali in linea con i requisiti del GDPR, in particolare per quanto riguarda la mancanza di una motivazione giuridica per l’utilizzo delle conversazioni degli utenti nell’addestramento dei modelli;
  • il fatto che le informazioni personali contenute nelle conversazioni potrebbero essere usate in modo incorretto, visto che ChatGPT non può garantire l’accuratezza delle sua affermazioni;
  • la mancanza di misure di verifica dell’identità degli utenti. I termini di servizio indicano che è rivolto ai maggiori di 13 anni, ma non viene fatta alcuna verifica.

Il Garante ritiene in particolare che OpenAI sia in violazione del GDPR negli articoli 5 (Principi generali applicabili), 6 (Liceità del trattamento), 8 (Condizioni per il consenso dei minori),13 (informativa) e 25 (privacy by design). Nel suo comunicato stampa il Garante fa anche riferimento al data breach subìta da OpenAI il 20 marzo scorso e che ha riguardato la diffusione a terzi di conversazioni degli utenti con il chatbot e informazioni di pagamento degli abbonati.

Il Garante ha aperto un’istruttoria a riguardo, ma ha nel frattempo disposto la misura della limitazione provvisoria del trattamento dei dati. Si tratta di una misura che in urgenza può essere disposta direttamente dal Presidente e che rimane valida fino alla prima riunione dell’Autorità, che deve essere convocata entro 30 giorni.

Oltre alla misura della limitazione provvisoria, il Garante ha anche imposto a OpenAI di comunicare entro 20 giorni quali iniziative ha intrapreso per ottemperare alle sue richieste, pena una multa che può arrivare fino a 20 milioni di euro (o al 4% del fatturato globale dell’anno precedente).

OpenAI blocca l’accesso a ChatGPT agli utenti italiani

In risposta al provvedimento del Garante, nella serata di venerdì OpenAI ha bloccato l’accesso agli utenti Italiani, dichiarando di avere intenzione di lavorare con il Garante per risolvere le questioni sollevate il prima possibile. L’azienda ha anche previsto un rimborso per gli utenti che hanno acquistato il servizio ChatGPT Plus e il blocco dei rinnovi automatici.

Non sono state invece bloccate le API dello stesso servizio, e nemmeno la funzione Bing Chat di Microsoft, che pure è basata su GPT4.

(articolo in aggiornamento)

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L’impatto della IA su lavoro e produttività in una ricerca di Goldman Sachs

L’impatto della IA su lavoro e produttività in una ricerca di Goldman Sachs
Un report della banca d’affari statunitense parla di un aumento del 7% del PIL globale con oltre 300 milioni di lavoratori esposti all’automazione

Elon Musk è molto preoccupato. E con lui un gruppo di accademici che hanno firmato una lettera aperta. Fermiamo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa per almeno sei mesi, dicono. Si rischiano sconvolgimenti economici e politici di dimensioni epocali. Di diverso parere è Goldman Sachs che pur ammettendo la notevole incertezza sul potenziale dell’IA generativa parla di un “importante progresso con potenziali effetti macroeconomici”.

Il parere non è esattamente scevro dal conflitto di interessi, ma è singolare vedere che proprio quando un paladino dell’innovazione come Musk si dimostra molto allarmato in Goldman vedano il bicchiere mezzo pieno. La banca d’affari statunitense ha pubblicato una ricerca, “The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth”, secondo la quale utilizzando i dati relativi alle mansioni professionali negli Stati Uniti e in Europa, si sostiene che circa due terzi dei lavori attuali sono esposti a un certo grado di automazione dell’IA. Partendo da questa considerazione il report afferma che l’IA generativa potrebbe sostituire fino a un quarto dei lavori attuali che in cifre significa trecento milioni di posti di lavoro. Sempre che l’intelligenza artificiale mantenga le promesse.

La buona notizia è che la delocalizzazione dei lavoratori dovuta all’automazione è stata storicamente compensata dalla creazione di nuovi posti di lavoro e l’emergere di nuove occupazioni in seguito alle innovazioni tecnologiche che rappresenta la maggior parte della crescita occupazionale di lungo periodo. Nuovi lavori in cambio di vecchie mansioni. La combinazione di significativi risparmi sul costo del lavoro, la creazione di nuovi posti di lavoro e l’aumento della produttività per chi potrà utilizzare l’IA come ausilio alla propria occupazione “fa emergere la possibilità di un boom di produttività che aumenta la crescita economica in modo sostanziale, anche se i tempi di tale boom sono difficili da prevedere”.

Vola la produttività. Forse

La stima è che l’IA generativa potrebbe aumentare la crescita annuale della produttività del lavoro negli USA di poco meno di un punto e mezzo percentuale all’anno nei prossimi dieci anni dopo un’adozione diffusa, anche se l’impulso alla crescita della produttività del lavoro potrebbe essere molto più piccolo o più grande a seconda del livello di difficoltà dei compiti che l’IA sarà in grado di svolgere e del numero di posti di lavoro che verranno automatizzati.

Previsioni contrassegnate un po’ troppo da se, forse e dipende, ma che disegnano un quadro positivo visto che la spinta alla produttività derivante dall’utilizzo dell’IA per il lavoro globale potrebbe essere significativa anche dal punto di vista economico. “Stimiamo – spiega il rapporto – che l’IA potrebbe aumentare del 7% il PIL mondiale annuo”.

Gli analisti di Goldman Sachs distinguono le tecnologie di IA generativa attualmente in uso, come ChatGPT, DALL-E e LaMDA secondo tre caratteristiche principali:

  1. i casi d’uso generalizzati invece che specializzati;
  2. la capacità di generare risultati nuovi e simili a quelli umani invece che descrivere o interpretare informazioni esistenti;
  3. le interfacce di facile approccio che comprendono e rispondono con linguaggio naturale, immagini, audio e video.

I primi due progressi sono fondamentali per ampliare l’insieme dei compiti che l’IA può svolgere, mentre il terzo diventa fondamentale per determinarne l’adozione. Proprio come la migrazione dalla programmazione a riga di comando (Ms-Dos) alle interfacce grafiche (Windows) ha permesso lo sviluppo di programmi che hanno portato alla diffusione dei PC.

Intanto ChatGPT ha superato un milione di utenti in soli cinque giorni. Mai vista una crescita simile.

Al di là di questi cambiamenti, l’aumento esponenziale della potenza di calcolo disponibile ha consentito rapidi progressi nella complessità dei compiti che l’IA è in grado di svolgere e nell’accuratezza con cui li esegue. L’ultima versione del modello GPT (GPT-4) di OpenAI è stata rilasciata nel marzo del 2023 circa un anno dopo che la precedente versione GPT-3.5, attualmente alla base della versione gratuita di ChatGPT, ha terminato l’addestramento. La nuova versione ha il 40% in più di probabilità di produrre risposte accurate e l’IA aveva iniziato a superare i benchmark umani per compiti come la classificazione delle immagini e la comprensione della lettura anche prima di questi recenti progressi.

I lavori più a rischio

L’intelligenza artificiale è diventata sempre più avanzata e accessibile, e di conseguenza l’interesse e gli investimenti sono arrivati”. E arriveranno visto che le previsioni per il settore sono più che positive. Nel 2021, gli investimenti privati e globali nell’IA ammontavano rispettivamente a 53 e 94 miliardi di dollari, ognuno dei quali aumenterà di oltre cinque volte in termini reali. E se gli investimenti continueranno ad aumentare al ritmo più modesto con cui sono cresciuti quelli relativi al software negli anni ’90, solo per gli USA potrebbero avvicinarsi all’1% del PIL del Paese entro il 2030.

Per quanto riguarda le tipologie di lavori l’ipotesi è che si possa avere un’esposizione particolarmente elevata nelle professioni amministrative (46%) e legali (44%), mentre potrebbe essere più bassa in professioni ad alta intensità fisica come l’edilizia (6%) e la manutenzione (4%). Non ci sono sostanziali differenze fra USA ed Europa, mentre nei Paesi emergenti i posti di lavoro esposti all’automazione sono meno numerosi che nei Paesi industrializzati. In totale però il 18% del lavoro a livello globale potrebbe essere automatizzato dall’IA.

Due sono i canali principali attraverso i quali l’automazione guidata dall’IA potrebbe aumentare il PIL globale. In primo luogo, la maggior parte dei lavoratori è impiegata in occupazioni parzialmente esposte all’automazione dell’IA e, in seguito alla sua adozione probabilmente applicheranno almeno una parte della loro capacità liberata verso attività produttive che aumentano la produzione. Gli studi accademici confermano che i lavoratori delle aziende che hanno adottato l’IA per prime registrano una maggiore crescita della produttività del lavoro con stime che generalmente implicano un aumento di 2-3 punti percentuali l’anno. Molti lavoratori spostati dall’automazione dell’intelligenza artificiale potranno quindi aumentare la produzione grazie a nuove occupazioni che emergeranno direttamente dall’adozione dell’intelligenza artificiale o in risposta al più alto livello di domanda aggregata e di lavoro generato dall’aumento di produttività dei lavoratori non spostati.

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Entrambi questi canali, spiega la banca d’affari, hanno numerosi precedenti storici. Le innovazioni della tecnologia dell’informazione hanno introdotto nuove professioni come progettisti di pagine web, sviluppatori di software e i professionisti del marketing digitale, ma hanno anche aumentato il reddito aggregato e indirettamente spinto la domanda di lavoratori del settore dei servizi in settori come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e i servizi di ristorazione. L’osservazione è confermata dallo studio dell’economista David Autor che, utilizzando i dati del censimento, ha scoperto che il 60% dei lavoratori oggi è impiegato in occupazioni che non esistevano nel 1940. Questo significa che oltre l’85% della crescita dell’occupazione negli ultimi ottanta anni è spiegata dalla creazione di nuovi posti di lavoro indotta dalla tecnologia. Secondo gli economisti Daren Acemoglu e Pascual Restrepo il cambiamento tecnologico ha spostato lavoratori e creato nuove opportunità di lavoro all’incirca allo stesso ritmo per la prima metà del dopoguerra, ma ha spostato lavoratori a un ritmo più veloce di quello con cui ha creato nuove opportunità a partire dagli anni Ottanta.

Questi risultati suggeriscono che gli effetti diretti dell’IA generativa sulla domanda di lavoro potrebbero essere negativi nel breve termine se l’IA dovesse influire sul mercato del lavoro in modo simile ai precedenti progressi della tecnologia dell’informazione anche se gli effetti sulla crescita della produttività del lavoro sarebbero comunque positivi.

Queste esperienze passate, è la conclusione, offrono due lezioni fondamentali. In primo luogo, la tempistica di un boom della produttività del lavoro è difficile da prevedere, ma in entrambi i casi ha avuto inizio circa vent’anni dopo l’innovazione tecnologica, quando circa la metà delle imprese statunitensi aveva adottato la tecnologia. In secondo luogo, in entrambi i casi la crescita della produttività del lavoro è aumentata di circa 1,5% l’anno nei dieci anni successivi all’inizio del boom della produttività. Ma nel caso dell’intelligenza artificiale, viene da osservare, le implicazioni sono totalmente differenti e vanno molto molto al di là della sostituzione di posti di lavoro e della produttività.

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