Intelligenza artificiale e retail: i clienti preferiscono il “tocco umano”
Intelligenza artificiale chiama emozioni: il 68% dei consumatori intervistati ritiene che sia importante che le macchine possano rilevare le emozioni delle persone che hanno di fronte. È questo uno dei dati emersi dalla ricerca Conversazioni sulla trasformazione. Gli scenari di business e di consumo tra Intelligenza Artificiale, Big Data e IoT elaborata da Digital Transformation Institute e CMFT in collaborazione con Assintel ed SWG.
Chiamati a rispondere sul significato di questa tecnologia, i consumatori hanno dato diverse definizioni quali Computer che ragionano, Abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi analizzando dati, Processi elettronici in grado di simulare il ragionamento umano, Una intelligenza certamente superiore alla nostra, Uno strumento con cui elimineremo le emozioni. Tra le parole più utilizzate dagli intervistati spiccano capacità, umana, robot, macchine e computer.
L’interazione tra uomo e robot
Il 26% delle persone ritiene che l’interazione più importante tra uomo e intelligenza artificiale oggi sia auditiva, ovvero la possibilità di conversare con una voce e, con stessa percentuale, visiva, ovvero riferita al dialogo attraverso una video chiamata con una figura virtuale. Percentuali molto più basse quelle riferibili alla possibilità di interagire con avatar (12%) e robot/androidi (9%). Ancora molti (il 27%) gli indecisi, probabilmente gli stessi che non hanno ben chiaro il significato della parola e che ammettono di non immaginare interazioni.
Tra questi i meno istruiti (+18), le persone a basso reddito (+13), i baby boomers (+9), quelli con competenze digitali basilari (+9) e le donne (+5). “In altri termini la confidenza verso gli strumenti e le applicazioni dell’IA sale proporzionalmente al crescere del livello culturale dell’interlocutore. Un’ulteriore riprova, se ce ne fosse bisogno, della necessità di investire in formazione (alle tecnologia) ed in cultura (in generale) per vincere la sfida della trasformazione digitale” afferma Stefano Epifani, Presidente del Digital transformation Institute.
IA e retail
L’intelligenza artificiale nel settore commercio online o in negozio è vista di buon occhio dai consumatori. Il 55% di questi, infatti, si dichiara molto o abbastanza disponibile a conversare con un assistente virtuale pronto a consigliare prodotti adatti alle esigenze del cliente. Un 31%, invece, quelli poco convinti di volerlo fare, seguiti da un 14% che rifiuta l’idea di avere di fronte un “commesso virtuale”.
Tra i settori in cui le persone si dichiarano maggiormente interessate all’utilizzo di shopper virtuale spiccano i servizi telefonici ed elettrici (38%), il commercio di device tecnologici (36%) e l’abbigliamento (33%). Percentuali più basse si registrano per cibi e bevande (22%), polizze assicurative (19%) e autoveicoli (16%). Un 19% di clienti tradizionalisti dice di non essere disponibile a comprare nulla in assenza di un operatore umano.
Tra i motivi per i quali i clienti preferirebbero un rapporto con un umano piuttosto che con un “umanoide” ci sono la migliore comprensione dei bisogni e la capacità di rendere piacevole l’esperienza di acquisto, mentre tra le motivazioni che porterebbero a preferire l’interazione con l’IA ci sono la possibilità di evitare situazioni imbarazzanti e quella di poter risparmiare sul costo dell’oggetto da comprare. Quasi tutti d’accordo (87%) nel dire che l’azienda dovrebbe comunque segnalare al cliente che l’interazione sta avvenendo con un’assistente virtuale e non umano.
Sostituzione di umani: dove?
A domande su casi specifici, nonostante il desiderio in alcuni casi di rapportarsi con assistenti virtuali, gli intervistati mostrano ancora qualche perplessità. Rispetto alla guida autonoma, il 45% di questi si sentirebbe inquieto e maggiormente in pericolo in caso di sostituzione di un umano alla guida e un 30% si dichiara annoiato dalla cosa in quanto interessato a guidare. Solo un 25% dice di sentirsi sicuro e di immaginare un numero minore di incidenti.
Non molto distante da questo il caso della sottoscrizione di contratti per una nuova utenza domestica da fare con un operatore virtuale invece che con un operatore umano. Il 43% degli utenti dice di non fidarsi e sentirsi a disagio a fronte del solo 20% che si sentirebbe sicuro.
“Il consumatore è sempre più attento al servizio e alla gestione delle proprie informazioni. La sfida dell’IA e dei big data non può essere vissuta solo come nuove potenzialità di business e ricavi, ma come un nuovo modello di relazione e condivisione con le persone” afferma Enzo Risso, direttore scientifico di SWG.