Le aziende italiane sono in ritardo anche sulla IA. Mancano esperti
La rivoluzione portata dall’IA è già in atto, ma come emerge dai dati dello studio Intelligenza Artificiale in Italia – La rivoluzione che sta cambiando il business le aziende italiane hanno ancora molta strada da fare per sfruttare il potenziale di queste nuove applicazioni.
La ricerca, realizzata da Minsait e dal Centro di ricerca in Leadership, Innovazione e Organizzazione CLIO dell’Università Luiss Guido Carli, analizza il grado di adozione delle nuove tecnologie IA da parte delle aziende italiane, fornendo un quadro approfondito delle motivazioni che spingono a investire nel settore, degli ostacoli che ne frenano una più ampia diffusione nel panorama nazionale e delle principali aree in cui l’IA sta già contribuendo al loro business. L’analisi dei dati raccolti da oltre 500 realtà ha messo in evidenza come solo il 22% disponga di un piano di sviluppo sull’IA coerente con le strategie aziendali.
“La maggior parte delle imprese non sa ancora come applicare l’IA nello sviluppo del proprio business, né ha piani di integrazione di questa tecnologia. In molti casi, non esiste nemmeno una solida base tecnologica a supporto di un’implementazione agile dell’IA” ha affermato Pedro García, AD di Minsait in Italia.
Il mondo dell’impresa italiana si dice comunque consapevole dell’importanza della sfida per guidare e sfruttare appieno il contributo della tecnologia. Il 52% delle aziende intervistate ha infatti già lanciato progetti sull’IA con l’obiettivo di guidare le iniziative correlate per evolvere verso modelli data based. Lungi dal sostituire la versione tradizionale, dove c’è ancora molto valore da sfruttare, l’IA generativa è diventata anche il moltiplicatore per la diffusione di casi d’uso e per accelerare il suo ingresso nelle aziende.
È l’efficienza operativa la motivazione principale (25%) alla base dell’applicazione dei nuovi modelli all’interno delle aziende italiane come leva per migliorare la propria competitività, seguita dalla volontà di consolidare l’esperienza dei clienti e dei cittadini con cui interagiscono (20%). Solo il 13% utilizza le tecniche di IA per scopi più dirompenti, come la trasformazione del modello di business e/o dell’offerta di prodotti e servizi.
Le imprese mostrano un particolare interesse per l’utilizzo dei modelli basati sull’IA nel settore legale (50%), focalizzati in particolare su una vasta gestione e analisi documentale, nell’area marketing e vendite (45%), ma anche in ambito Information Tecnology (IT) ed Environmental, Social & Governance (ESG), con circa il 45% di use case IA utilizzati in entrambi i contesti. Oggi, infatti, l’intelligenza artificiale può supportare le Direzioni IT sia per quanto riguarda i tool di scrittura di codice, sia per la gestione dell’infrastruttura e la sicurezza informatica, mentre nell’ESG può contribuire a realizzare sistemi con maggiori performance e livelli più sofisticati di monitoring.
Quali i fattori che rallentano l’implementazione delle nuove tecniche? Principalmente, il deficit di competenze e di professionisti specializzati (19%) e la mancanza di fattori tecnologici abilitanti (16%). Non sorprende, dunque, che le figure del Ricercatore dell’AI e del Data Scientist siano le più ambite sul mercato del lavoro, tanto che tra le aziende che hanno realizzato programmi specifici, tre su quattro dichiarano di essere alla ricerca di questi talenti.
A prescindere dalle dimensioni delle organizzazioni, il 65% di esse non possiede ancora un’infrastruttura tecnologica adeguata con la sola eccezione del settore bancario, dove l’80% delle società è già fortemente abilitata. Tra le imprese più “infrastrutturate”, vi è una netta preferenza nel conservare i dati market sensitive “in casa”, limitandosi a infrastrutture “ibride” senza trasferirli completamente su cloud pubblico. Alla base di queste scelte c’è l’esigenza di controllo dei propri dati e forse anche la mancanza di fiducia nell’affidarli a servizi esterni: più del 95% delle aziende ha infatti infrastrutture on-premise (gestite attraverso reti locali) oppure ibride.
L’IA e l’IA generativa richiedono infine un costante aggiornamento sulle normative applicabili e linee guida e principi chiari per facilitarne lo sviluppo, l’utilizzo e l’implementazione. Tuttavia, il 60% delle aziende intervistate ammette di non avere una corretta conoscenza del quadro legislativo e il 13% ne teme l’instabilità. La recente approvazione dell’AI Act da parte dell’Unione europea rappresenta un primo, serio, intervento sia per bilanciare opportunità e innovazione, sia per gestire i rischi e le principali sfide legate all’introduzione delle nuove tecnologie. Una IA responsabile però non può essere solo un compito del legislator e della regolamentazione; la responsabilità è infatti comune e richiede una forte partnership pubblico-privata tra sistema delle imprese, mondo accademico, società civile e istituzioni pubbliche.