L’intelligenza artificiale in Italia fa il botto: cresce del 52% e vale 760 milioni di euro
La ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, presentata nei giorni scorsi, ha delineato un quadro roseo per il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia, che nel 2023 è cresciuto in maniera impetuosa a +52% raggiungendo il valore record di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente.
La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di IA generativa.
Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato progetti di intelligenza artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni deIl’IA generativa e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale).
Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di intelligenza artificiale e più di un italiano su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta. C’è grande interesse, dunque, ma anche una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT ma solo il 57% conosce il termine Intelligenza Artificiale Generativa. Un italiano su quattro dichiara inoltre di aver interagito almeno una volta con ChatGPT, mentre il 77% (+4% rispetto al 2022) guarda con timore all’IA, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermamente contrario all’ingresso di questa tecnologia nelle attività professionali.
La cosa certa è che gli impatti sul mondo del lavoro saranno molto significativi. Già oggi, in Italia, l’intelligenza artificiale ha un potenziale di automazione del 50% di posti di lavoro equivalenti, ma da qui a 10 anni le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia. Il 90% del mercato dell’intelligenza artificiale in Italia è dovuto alle grandi imprese, mentre il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e Pubblica Amministrazione.
- La quota più significativa del mercato IA italiano (29%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Data Exploration & Prediction, Decision Support & Optimization Systems)
- Il 27% è per progetti di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato (Text Analysis, Classification & Conversation Systems)
- Il 22% per algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation Systems)
- Il 10% per analisi di video ed immagini
- Il 7% per Process Orchestration Systems
- Il 5% per IA generativa
Guardando alla spesa media in intelligenza artificiale per azienda, ai primi posti ci sono Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.
Il 61% delle grandi imprese ha all’attivo, almeno al livello di sperimentazione, un progetto di IA, mentre si scende al 18% tra le piccole e medie imprese (+3 punti percentuali rispetto al 2022). L’adozione nelle imprese è sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Le aziende che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano, mentre nelle aziende in ritardo sono rari i casi in cui l’avvento dell’IA generativa ha già dato vita ad una sperimentazione.
Il 37% delle grandi realtà che non hanno progetti all’attivo ha intenzione di attivarli nei prossimi 12 mesi e si moltiplicano le iniziative di workshop ispirazionali/formativi sul tema. Circa 2 grandi aziende su 3 hanno infatti discusso internamente delle applicazioni GenAI e, tra queste, una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale, dunque). D’altro canto, soltanto il 7% delle piccole e medie imprese sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha concretamente attivato almeno una sperimentazione.
L’Osservatorio ha infine analizzato la maturità delle grandi organizzazioni nel percorso di adozione dell’IA, arrivando ad individuare alcuni profili precisi:
- L’11% è avanguardista (+2% rispetto all’anno scorso): si tratta di aziende che hanno raggiunto la piena maturità a livello tecnologico, organizzativo e gestionale nell’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale
- Il 23% è apprendista: sono aziende con diversi progetti avviati ma che difficilmente impiegano metodologie strutturate nel gestirli e tendono a far ricorso a soluzioni standard o pronte all’uso
- Nel restante 66% dei casi permangono situazioni eterogenee: ci sono organizzazioni in cammino (29%), dotate degli elementi abilitanti ma con pochi progetti, e aziende che non percepiscono il tema come rilevante e non dispongono di un’infrastruttura IT adeguata alla gestione di grandi quantità di dati