Si è tenuto venerdì e sabato scorsi a Villa d’Este a Cernobbio il SAP Executive Summit 2018, appuntamento che chiama a raccolta i massimi dirigenti delle aziende per studiare e riflettere sull’evoluzione della tecnologia e il suo impatto sul business e sulla società.

Il tema di quest’anno è stato la Thinking Economy e ha voluto esplorare gli effetti dell’intelligenza artificiale sul modo in cui le aziende organizzano il proprio business e producono valore, anche in abbinamento con altre tecnologie emergenti come IoT, Industry 4.0 e Blockchain.

Luisa Arienti, Managing Director SAP Italia.

Luisa Arienti, Managing Director SAP Italia.

SAP ritiene che la IA sarà un mezzo abilitatore dell’innovazione, della produttività e della crescita economica generale. Nella “intelligent enterprise” le IA si affiancheranno e agli uomini, senza sostituirli. Luisa Arienti, Managing Director SAP Italia, parla di una umanità “aumentata”, in cui “l’automazione viene usata per svolgere i compiti più meccanici, ripetitivi o pericolosi, permettendo ai lavoratori di focalizzarsi su compiti di profilo più alto e più gratificanti”. Una collaborazione umano-macchina, quindi, in una dinamica più evolutiva che dirompente, e che relega nello spazio della fantascienza le visioni di uffici o fabbriche completamente automatizzati e autonomi nelle decisioni.

Detto ciò, le conseguenze etiche e sociali dello sviluppo dell’intelligenza artificiale possono e devono essere prese in considerazione, e in questo l’Europa può giocare un ruolo di primo piano. In virtù dei valori e degli standard legislativi europei, il Vecchio Continente può contribuire allo sviluppo e all’accettazione sociale della tecnologia e competere con Stati Uniti e Cina per la leadership nel campo della IA, in particolare nel settore delle applicazioni business-to-business.

A questo fine, SAP raccomanda ai legislatori di istituire tavoli di confronto aperti con tutti gli attori coinvolti; fornire ai lavoratori gli strumenti formativi per poter sfruttare le IA, invece che essere sostituiti da esse; creare dei centri di ricerca internazionali, di una scala che possa  competere con quelli di Cina e USA; creare un framework legale europeo che offra certezza normativa e definisca chiaramente i rischi. In definitiva, l’Unione deve sviluppare una sua visione specifica della IA che punti alla prosperità attraverso una tecnologia che ponga al centro l’uomo.

Adaire Fox-Martin, Executive Board Member di SAP, Global Customer Operations, Emea, MO e Greater China

Adaire Fox-Martin, Executive Board Member SAP,
Global Customer Operations, Emea, MO e Greater China

Come sottolinea però Adaire Fox-Martin, Executive Board Member di SAP, Global Customer Operations, Emea, MO e Greater China, “la discussione su questi argomenti è molto polarizzata. Anche nel recente forum di Davos, gli interventi sul tema si possono dividere in entusiasti o catastrofisti, senza vie di mezzo”. Via di mezzo che sembra essere invece la strada che SAP intende percorrere insieme ai partner e alle sue aziende clienti. Per esempio, impiegando sistemi IA per individuare i processi ripetitivi nelle applicazioni core di SAP e proporre meccanismi di automazione, esplorare nuovi modelli di interazione uomo-macchina (“tra 20 anni la tastiera non avrà un ruolo primario, e i chatbot assistiti da algoritmi per l’elaborazione del linguaggio naturale saranno la principale interfaccia per interagire con sistemi SAP”), e adottando piattaforme aperte che grazie alla raccolta e condivisione di dati tra più aziende consentano di approcciare problemi che non possono essere affrontati da una singola azienda, ma solo cooperando e coinnovando con partner e attori delle filiere.

Come esempio di collaborazione e coinnovazione, Adaire Fox-Martin ha citato SAP Leonardo, una piattaforma, che ingloba intelligenza artificiale e IoT e fornisce ai clienti la possibilità di portare innovazione alle aziende in filiera e ha parlato della creazione di “Leonardo Center” sull territorio, per favorire le integrazioni nei distretti industriali.

Visto che le IA sono tanto più efficaci quanto più vasti sono i data-set che possono analizzare, quella della collaborazione con altri soggetti sembra una strada obbligata per le piccole e medie aziende, che come sappiamo rappresentano la grande massa dell’imprenditoria italiana. Quello della scala dei dati (e degli investimenti), è uno dei problemi che relegano l’Italia alle ultime posizioni della classifica nell’indice Desi (Digital Economy and Society Index), ma secondo Fox-Martin l’arretratezza del paese può essere vista anche come opportunità, perché i margini di sviluppo sono più elevati (e non è un caso che la Germania sia tra i paesi che sono cresciuti meno nell’ultimo anno).

Il suggerimento per le aziende è quello di procedere per passi, senza coinvolgere i processi principali di business in cambiamenti che potrebbero comprometterne la stabilità e l’affidabilità. Creare quindi piccoli gruppi di innovazione che lavorino su progetti ristretti e definiti, con la libertà di sperimentare, sbagliare e fallire senza conseguenze. Quando si trova un’innovazione in grado di dare risultati positivi, la si inserisce nei processi produttivi.

Un futuro che sia al contempo economicamente conveniente e socialmente sostenibile, si raggiungerà quindi un (piccolo) passo alla volta.