Dopo l’età del bronzo, della terra e dell’industria, siamo entrati in quella dei chatbot. Secondo i dati della società VividTech (dicembre 2018), sono già 100.000 le aziende nel mondo che utilizzano i chatbot per fornire risposte ai loro clienti, senza poi contare che Facebook l’anno scorso ha dichiarato che ogni mese vengono inviati 300.000 messaggi bot su Messenger. Entro la fine di quest’anno, secondo le proiezioni, il 40% delle aziende userà o inizierà a usare i chatbot.

Siamo sempre connessi e vogliamo risposte immediate che nessun centro di Customer Service potrebbe garantire a prezzi contenuti, cosa che invece possono fare, e benissimo, i chatbot. Quante volte abbiamo inviato un’email senza ricevere risposta o quanti minuti abbiamo dovuto aspettare prima di poter parlare con un operatore, ascoltando un jingle ripetuto all’infinito?

Nonostante un’iniziale diffidenza nei confronti delle risposte automatiche di un robot, in poco tempo la loro immediatezza, sintesi ed efficacia ci hanno conquistato. I chatbot che funzionano sono quelli in grado di fornire informazioni esaustive e personalizzate. Il report di Microsoft State of Global Customer Service 2018 conferma quello che abbiamo verificato nella nostra esperienza con le startup incubate da Supernova Hub (l’incubatore certificato fondato da Federico Pozzi Chiesa), ovvero che le aziende in grado di offrire un servizio clienti positivo hanno tassi di fedeltà e retention più alti e che, d’altro canto, i clienti hanno aumentato le proprie aspettative e si aspettano un servizio migliore.

E chi lo offre ottiene risultati. La compagnia aerea olandese KLM ha lanciato un bot su Facebook Messenger chiamato BlueBot, o BB, per aiutare i passeggeri nella fase di prenotazione, per tenerli aggiornati sullo stato dei loro voli, cambi del gate e per fornirgli altre informazioni basate sui dati. L’esigenza da cui è nato il bot era aiutare il team del servizio clienti che doveva gestire più di 16.000 interazioni alla settimana e, in soli sei mesi, BB ha mandato quasi due milioni di messaggi a più di 500.000 passeggeri.

L’aeroporto di Napoli ha poi vinto il Premio Innovazione di Confcommercio nel 2018 grazie al chatbot creato da Zoro.ai, startup incubata proprio da Supernova Hub. Tra i servizi offerti dal chatbot ci sono la localizzazione di servizi e shop all’interno dello scalo, il tracking dei bagagli dal check-in all’imbarco in stiva, la richiesta di feedback e segnalazioni sull’esperienza aeroportuale, le informazioni sullo stato dei voli e quelle sulle informazioni utili per i passeggeri in viaggio, fino all’acquisto di biglietti e la prenotazione di parcheggi o del transfer da e per l’aeroporto.

Se la maggioranza delle persone, secondo Microsoft, preferisce ancora un’assistenza attraverso telefono (o altra modalità “voice”), le live chat sono in terza posizione subito dietro al servizio di customer care via email. E c’è di più, perché il 66% degli intervistati ha dichiarato di cercare di risolvere da sé il proprio problema senza rivolgersi a un agente e l’88% si aspetta già un servizio online di supporto.

Secondo l’esperto di marketing Neil Patel la percezione delle persone nei confronti di un brand migliora nel 77% dopo aver interagito con un chatbot. E più si andrà avanti più questa percentuale è destinata a crescere. Il miglioramento dell’intelligenza artificiale e del riconoscimento del linguaggio umano renderà presto impossibile distinguere una conversazione con un chatbot da quella con un uomo in carne e ossa.

Intanto si sta aprendo una nuova frontiera dei bot visivi, che useranno il riconoscimento dell’immagine insieme al testo e che restituiranno testo e immagini rilevanti. Se un utente carica un’immagine di un prodotto, il bot è in grado di riconoscerlo e di fornire il nome e il prezzo. Se si tratta di un pezzo o di un prodotto che si può “abbinare” ad altre componenti, il bot potrebbe suggerirle (un po’ come fa Amazon indicando i prodotti correlati).

Al momento, però, questa tecnologia è ancora acerba dal momento che è necessario che il chatbot visualizzi prima un’enorme quantità di dati visivi. Ma trattandosi di tecnologie esponenziali, è meglio tenersi pronti a un nuovo (rivoluzionario) cambiamento.