Alimentare i dispositivi IoT: cavi, batterie, solare o wireless?
Il termine Internet of Things può essere utilizzato per descrivere una vasta gamma di tecnologie diverse, dai sensori ai gateway fino ai sistemi di back-end che organizzano i dati e mantengono sicure le reti machine-to-machine. Molta attenzione viene giustamente prestata al modo in cui i sistemi IoT raccolgono i dati e come questi si spostano da un luogo all’altro. Tuttavia, la questione di come mantenere i sensori alimentati potrebbe essere altrettanto importante.
In particolare nel caso di sistemi IoT che dispongono di piccoli sensori che potrebbero essere lontani l’uno dall’altro o dal resto del sistema, l’utilizzo di energia è una preoccupazione fondamentale, perché l’alimentazione cablata tradizionale potrebbe semplicemente non essere un’opzione praticabile. Agricoltura, servizi pubblici e trasporti sono tra i settori verticali in cui è importante una distribuzione a bassa potenza e molto distanziata. Gli scienziati che studiano un vulcano potrebbero non essere in grado di far passare un cavo di alimentazione dalla parte più vicina della rete ai sensori di vibrazione. I tester di umidità del suolo nel campo di un agricoltore potrebbero dover affrontare lo stesso problema e così via.
Esistono, tuttavia, altre opzioni e la scelta della soluzione migliore ha tutto a che fare con la comprensione del risultato aziendale desiderato e come ottenerlo con la massima efficienza, secondo Al Velosa, vicepresidente e analista di Gartner. “La domanda fondamentale è: quanto costa gestire l’infrastruttura? Se gestite risorse per un valore di duemila miglia… il costo maggiore è inviare un camion a quella risorsa rispetto a qualsiasi altra cosa.”
Ciò è particolarmente importante per la più comune opzione per alimentare piccoli asset IoT remoti: le celle della batteria. Nessuna batteria dura per sempre, quindi, alla fine, devono essere sostituite. Secondo Frank Gillett, vicepresidente e analista principale di Forrester, l’attuale stato dell’arte si concentra sulle celle di ossido d’argento simili alle batterie per orologi e su quelle utilizzate negli apparecchi acustici.
Le celle all’ossido d’argento rimangono popolari perché il loro rapporto carica/peso è relativamente molto alto. Potenzialmente infatti anche una piccola batteria di questo tipo può alimentare un semplice sensore dotato di una radio a bassa potenza e usata di rado per anni. Tuttavia, non sono così potenti da liberare i produttori di dispositivi dalla responsabilità di progettare i loro device per offrire la massima efficienza.
Al suo livello più elementare, un sensore IoT deve essere in grado di raccogliere informazioni, esprimere tali informazioni in un formato digitale e trasmetterle lungo la catena, sia che si tratti di un dispositivo periferico vicino per la raccolta e l’elaborazione o direttamente al back-end. Ogni parte di quel processo ha un costo energetico e, sebbene l’avanzamento della tecnologia abbia notevolmente aumentato l’efficienza energetica sia nell’elaborazione, sia nella trasmissione, l’energia è ancora uno dei principali fattori limitanti nella progettazione dei dispositivi IoT.
La tecnologia delle batterie avanza più lentamente rispetto a quella dei processori, chip e sensori. Questo è uno dei motivi per cui alcune aziende cercano altri metodi per alimentare i propri dispositivi IoT. Un’opzione è l’energia solare. Con celle solari sempre più efficienti è abbastanza facile aggiungere pannelli di dimensioni adeguate a piccoli dispositivi e anche il costo di questi pannelli è diminuito negli ultimi tempi.
In teoria la cosa sembra portare molti benefici, ma in pratica molte implementazioni che utilizzano l’energia solare non sono molto più efficienti di quelle che utilizzano la batteria. Il solare infatti dipende ancora dal fatto che i pannelli ottengano una sufficiente esposizione al sole e, inoltre, sono ben lungi dall’essere esenti da manutenzione. La polvere e lo sporco possono infatti diminuire la loro capacità di generare energia.
Un’altra idea è la trasmissione di potenza completamente wireless (si ad esempio pensi a un tappetino di ricarica Qi, ma su distanze molto più grandi), sebbene l’uso diffuso di questa tecnica sia ancora a uno stadio molto preliminare. Startup come GuRu, Wi-Charge e altre hanno compiuto notevoli progressi nell’alimentazione wireless, ma gli analisti ritengono che non sia particolarmente adatta a implementazioni IoT molto distanziate. La maggior parte delle tecnologie sul mercato attuale sono troppo sperimentali, troppo costose o troppo a corto raggio per offrire una reale alternativa al solare, alle batterie o ai cavi.