Il mercato italiano della smart home vale 250 milioni di euro
Tra videocamere di sorveglianza, termostati, caldaie e lavatrici proliferano gli impieghi delle soluzioni Internet of Things per la Smart Home, il cui mercato in Italia ha raggiunto quota 250 milioni di euro nel 2017 registrando una crescita del 35% rispetto al 2016. Tale incremento risulta in linea con la crescita dei principali Paesi occidentali, anche se in termini assoluti i numeri sono ancora inferiori rispetto agli altri mercati europei.
Nel mercato italiano della casa connessa, insieme alle startup (che offrono oltre metà dei prodotti in vendita), sono entrati grandi produttori con brand affermati, dotati di una rete di vendita capillare e di una filiera fidelizzata di installatori, fattori cruciali per aumentare la fiducia dei consumatori. Il 38% degli italiani infatti possiede già almeno un oggetto smart in casa, ma tra questi ben il 74% ha richiesto l’aiuto di un professionista per l’installazione e il 51% si dice preoccupato per i rischi legati alla privacy e ai cyber attacchi da parte di malintenzionati.
I consumatori oggi hanno a disposizione diversi nuovi punti di contatto per acquistare soluzioni per la casa connessa, tra retailer (tradizionali e online), produttori, assicurazioni, utility e telco che coprono già il 30% dei canali di vendita. Ormai in Italia mancano all’appello solo i grandi operatori come Amazon, Google e Apple, che all’estero hanno appena iniziato la battaglia globale degli assistenti vocali intelligenti (Smart Home speaker) destinata a rivoluzionare il settore.
Questi sono solo alcuni dei risultati della ricerca sulla Smart Home dell’Osservatorio Internet Of Things della School of Management del Politecnico di Milano. In termini di incidenza sulle vendite, a trainare il mercato italiano della Smart Home sono le applicazioni IoT per la sicurezza, come sensori per porte e finestre in grado di rilevare tentativi di infrazione, videocamere di sorveglianza, serrature e videocitofoni.
Seguono i prodotti per la gestione del riscaldamento, cioè caldaie e termostati connessi che si diffondono grazie a brand affermati, una community di installatori fidelizzata e la capacità di comunicare i benefici ottenibili in termini di comfort e risparmio energetico. Poi vengono le soluzioni per la gestione di elettrodomestici, in particolari lavatrici connesse, controllabili via app e dotate in alcuni casi di assistente vocale.
A livello internazionale si segnala invece la diffusione degli Smart Home speaker, hub dotati di altoparlanti che riducono la complessità di connessione e gestione degli oggetti intelligenti in casa. Negli USA sono già 35 milioni gli speaker venduti da Amazon e Google, con quote del 55% per Amazon Echo e 45% per Google Home (in Italia invece li stiamo ancora aspettando).
Le tre principali barriere ancora da superare sono l’installazione dei prodotti, l’integrazione dell’offerta con servizi di valore e la scarsa presenza di brand affermati. Il 73% delle oltre 370 soluzioni IoT per la casa connessa censite dall’Osservatorio dovrebbe poter essere installato in autonomia, ma alla prova dei fatti spesso l’utente deve rivolgersi a un installatore specializzato, causando costi aggiuntivi.
Sono rari inoltre i servizi che effettivamente consentono di creare valore per l’utente; oggi solo nel 27% dei casi è presente almeno un servizio nella soluzione offerta come la gestione dei dati su cloud o l’invio di notifiche push in caso di imprevisto. Infine, oggi oltre metà dei prodotti in vendita è offerto da startup con scarsa forza e riconoscibilità del brand, che spesso non vengono percepite come sufficientemente mature e affidabili agli occhi dei consumatori.
Il principale canale di vendita della Smart Home in Italia resta la filiera tradizionale (composta da produttori, architetti, costruttori edili, distributori di materiale elettrico), che vale 175 milioni di euro nel 2017, pari al 70% del mercato (+15% rispetto al 2016). Ma una quota sempre più consistente, pari al 30%, è imputabile a canali di vendita alternativi come retailer online e offline, assicurazioni, telco e utility, che con la loro forte crescita (+125%) rendono la casa connessa accessibile a un pubblico sempre più vasto.
L’interfaccia con cui l’utente gestisce la Smart Home sta inoltre evolvendo in maniera sempre più rapida. Già oggi infatti è possibile gestire la propria casa da remoto non più solamente tramite display touch, smartphone e app, ma anche utilizzando la voce. In futuro, si passerà dall’ormai consolidato riconoscimento vocale al più evoluto context aware, che consente di prevedere, personalizzare e configurare l’utilizzo in base a preferenze personali.
L’Intelligenza Artificiale può consentire di superare molte delle barriere all’adozione che frenano la diffusione dell’IoT nelle nostre case, semplificando la gestione dei dispositivi connessi e migliorando la gestione di prodotti e servizi offerti da aziende diverse, con un’esperienza d’uso più integrata.
“Troppo spesso oggi si tende a limitare l’ambito di azione della casa intelligente all’automazione di semplici funzionalità già esistenti o alla gestione remota di dispositivi domestici, senza esplorare scenari più avanzati. L’Intelligenza Artificiale si candida a diventare la nuova governante della nostra casa. Un aiuto concreto e personalizzato per aiutarci a vivere meglio, abilitando servizi di valore che vanno dalla gestione dell’energia al supporto agli acquisti, dalla vigilanza all’individuazione della necessità di pulizie in occasioni speciali” ha commentato Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet of Things.