Tilt vuole farsi Fondazione e portare l’innovazione nel cuore dell’industria italiana
C’è un angolo d’Italia in cui pubblico e privato collaborano per promuovere l’innovazione portando contaminazione di idee e tecnologie tra imprese, università e pubblica amministrazione. L’angolo è quello in alto a destra, dove sta Trieste, e soggetto che fa tutto ciò è Tilt, Teorema Incubation Lab Trieste.
Tilt nasce tre anni fa come Digital Hub locale supportato da Comune di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia, Università degli Studi di Trieste e Microsoft Italia, ma grazie all’azione di Teorema Enginering (integratore di sistemi e Gold Partner di Microsoft) e Area Science Park (ente pubblico nazionale di ricerca che gestisce il Parco Scientifico e Tecnologico di Trieste) ha rapidamente conquistato rilevanza e interesse nazionale, e ora è pronto a fare il prossimo passo.
TILT: da incubatore a Fondazione
Con il passare del tempo, i fondatori hanno realizzato che la dimensione dell’incubatore di startup calza un po’ stretta a Tilt. Come osserva l’Amministratore Delegato di Teorema Engineering Michele Balbi, “ci sono decine di incubatori sul territorio nazionale, molti dei quali distribuiscono a pioggia contributi esigui, senza poi verificare l’effettivo ritorno in termini di valore”. Valore che, infatti, spesso stenta ad arrivare.
L’obiettivo quindi non deve essere quello di promuovere un’innovazione tecnologica modaiola, accessoria e fine a sé stessa, ma quello di far comprendere alle imprese come utilizzare la tecnologia per migliorare la propria competitività nel proprio settore, con obiettivi di portata industriale.
L’ostacolo non è tanto economico-finanziario, che tra tassi di interesse ai minimi e iperammortamenti del piano Industria 4.0, per chi vuole innovare è “la merce più disponibile al momento”, afferma Stefano Casaleggi, Direttore Generale di Area Science Park, che prosegue: “Mancano però cultura e competenze. Molti imprenditori non si interessano di tecnologia e non vogliono capirla, perché non riescono a percepirne il valore per il business. Talvolta l’introduzione di uno strumento tecnologico in un’azienda cristallizzata nei suoi processi genera traumi. Se riuscissimo a fare il salto culturale sul piano della tecnologia, farne comprendere le conseguenze per il business, possiamo estrarre il vero valore delle imprese nella dimensione che compete loro, che è quella industriale”.
deve sorgere un’idea di Made in Italy diversa dai cliché della moda, del design e del lusso e incentrata invece sull’innovazione tecnologica
Per questo, Tilt sta valutando un percorso di trasformazione in una Fondazione che possa attrarre più soggetti pubblici e privati e diventare un think-tank che parli con con imprenditori, policy maker e soggetti istituzionali, supportando le startup in un percorso che, passando attraverso le imprese industriali in ottica di open innovation, generi valore e competitività reali e duraturi. “Amministratori e imprenditori devono comprendere che se le imprese non riescono a innovare, diventano terreno di conquista per aziende e soggetti esteri”, avverte Balbi.
Primo passo: portare l’Italia che innova al CES
Il prossimo obiettivo concreto di Tilt è ripetere, ampliandola, l’esperienza fatta lo scorso anno al Consumer Electronics Show di Las Vegas dove nel proprio stand “Italy: the art of innovation”, Tilt ha presentato 44 startup italiane, costituendo l’unica rappresentanza ufficiale italiana (ufficializzata con il patrocinio del Ministero per lo Sviluppo Economico e della Italian Trade Agency).
Per l’edizione 2019 (battezzata Academic Edition), Tilt punta a portare almeno 50 startup, con un occhio particolare a quelle nate in seno alle Università, più altre selezionate dalla Italian Trade Agency. Rispetto allo scorso anno, si vuole giocare con maggiore anticipo, con un primo bando di selezione in Settembre in modo da “prevedere un periodo di due mesi di formazione specifica che permetterà alle startup di sfruttare al meglio le occasioni e i momenti di promozione, dall’esposizione fieristica agli appuntamenti con gli investitori stranieri”, spiega Fabrizio Rovatti, General Manager di Innovation Factory, incubatore pubblico di Area Science Park.
Deve sorgere un’idea di Made in Italy diversa dai soliti cliché della moda, del design e del lusso e incentrata invece sull’innovazione tecnologica, ma affinché questo accada è necessario un contributo nazionale che non si limiti ai patrocini formali. Paesi come Francia e Germania investono nell’innovazione dieci volte più dell’Italia, e sono capaci di fare sistema creando un circolo virtuoso tra investitori, startup e grandi aziende. È tempo che l’Italia faccia altrettanto.
“L’obiettivo è ambizioso, ma ci crediamo fortemente”, afferma Balbi, che lancia quindi una campagna per la ricerca di adesioni, capitali e sponsorizzazioni per finanziare la rappresentanza nazionale alla prossima edizione del CES.